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Dopo l’ottimo “Loops From The Bergerie” di tre anni fa, che coniugava sapientemente l’estetica algida della minimal e la sfacciataggine lasciva dell’electro più eighties, gli Swayzak tornano con un disco di inediti che in molti aspettavano. Non tanto per vedere se ripetevano il passo, quanto proprio per la passione sincera e la speranza di altre ottime canzoni, capaci di fondere perfettamente l’aspetto emotivo con quello più fisico, di far viaggiare mente e corpo in qualunque situazione a casa come in un bel club sotterraneo e sudato. E l’attesa è ampiamente ripagata da questo “Some Other Country”. L’inizio è esattamente come desideravamo: “Quiet Life” è territorio vergine sul quale si sfidano aggressività techno ed etereo synth-pop, destrutturandosi l’un l’altro e scavalcandosi sinuosi. “So Cheap” è un techno-dub retrofuturista scarnificato, che cattura l’attenzione estraniando l’ascoltatore indeciso se viaggiare sospeso o lasciarsi andare alle scariche ritmiche. “No Sad Goodbyes” con Richard Davis riporta alle atmosfere di alcune perle del disco precedente (su tutte le decadenti e metropolitane “Another Way” e “My House”), ma quando sembra volersi appoggiare su un qualsiasi clichè rotola via su un tappeto di biglie tintinnanti. Ma il meglio arriva subito dopo con il trittico finale “Pukka Bumbles”, “By The Rub Of Love” e “They Return”, ovvero un decollare fantascientifico verso la più pura astrattezza techno tra i bassi che pulsano costanti e rigonfi e la cassa che non smette un attimo di affondare i propri colpi. “Some Other Country” è dunque una conferma, anzi la conferma che aspettavamo frementi: gli Swayzak sono sicuramente uno dei migliori gruppi in circolazione in ambito elettronico, senza concessioni di alcun tipo hanno forgiato un loro sound, capace di piacere anche chi non mastica tanta musica sintetica, riconoscibile eppure in costante evoluzione e questo loro ultimo lavoro sicuramente va a coronare egregiamente una carriera ormai decennale. |
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