Quando un gruppo viene “‘scoperto’ da un teorico mostro sacro della musica italiana come Franco Battiato sono più i lati negativi che quelli positivi, almeno per il sottoscritto.
Sarà che le mie affinità musicali con il “‘maestro’ siciliano sono veramente poche, soprattutto per quanto riguarda le sue ultime opere, e quando in una rassegna stampa leggo nomi altisonanti parto già non bendisposto e un po’ prevenuto.
Il progetto Lilies on Mars invece, già con l’omonimo album del 2009, mi aveva stupito e mi aveva convinto ad inserirlo tra le uscite più interessanti di quell’anno.
Il trio anglo-italiano riesce a confermare le ottime impressioni dell’esordio con questo nuovo lavoro sulla lunga distanza “Wish You Were A Pony”.
Un’opera il cui maggior pregio(e forse anche il maggior limite) è la varietà , undici tracce in cui il cantato in italiano si alterna a quello in inglese ed in cui i territori esplorati spaziano dal pop al rock, passando per lo shoegaze, non disdicendo derive folk cantautorali o una spruzzatina di elettronica.
Mum (“Aquarium’s Key”), Pj Harvey (“Panic Awakening”), Scisma (“La Mattina Prima Di Andare A Letto”), Ustmamò (“Su”)”… provate ad inserire questi gruppi in un grande frullatore e quello che otterrete è l’album di cui stiamo scrivendo o qualcosa che ci si avvicina.
Un approccio che premia la godibilità dell’ascolto e che sicuramente elimina la noia, ma che non identifica un filo conduttore e non delinea in maniera univoca la vera identità della band.
Non sempre i gusti terresti si sposano con quelli di Marte, ma le affinità cominciano ad essere numerose.