Dopo pochi giorni col mare sotto la finestra mi sono viziato, credevo di poter afferrare l’orizzonte con la mano e tenerlo lì a mio piacimento. Alla fine, tornato in città , mi sembrava che lo spicchio di panorama in lontananza, gentilmente offerto dal mio balcone, fosse lì per ricordarmi quanta distanza ci sia tra me e certe cose che amo. Bisognava quindi riempire le particelle d’aria con la musica giusta per un immediato riscatto e ci ho provato con i The Ladybug Transistor, che ricordavo essere un piacevole e colorato giardino pop in territori alt-country.
Sin dalle primissime note di “Clutching Stems” ho capito che le cose dalle parti della band newyorkese sono cambiate: pop brillante, fresco, perfettamente adatto con gli umori del momento, ma completamente diverso da ciò che mi aspettavo. Il disco è quanto di più vicino alla tradizione del raffinato pop britannico degli ultimi decenni, partendo dagli Smiths per finire con i Belle & Sebastian e i The Divine Comedy. Proprio da questi ultimi sembrano aver preso una certa attitudine all’arrangiamento elegante anche se un po’ meno complesso, mentre i passaggi acustici richiamano alla mente soluzioni proprie della creatura di Stuart Murdoch. I quasi trentacinque minuti del disco filano via agili col retrogusto dolce che lascerebbe un gelato assaporato al calar del sole vicino al mare. Un’estate meno piegata al facile ritornello zuccheroso e allo stesso tempo capace di definire i contorni di paesaggi che scaldano il cuore e rinfrescano la mente.