Già nel precedente “Black Noise” c’erano state le prime avvisaglie, ma quando nell’estate del 2010 Henrik Weber si reca ad Oslo, il suo invaghimento per le campane deflagra definitivamente in amore. Colpa o merito di quelle della City Hall della capitale norvegese, imprevedibilmente atone e dalla frequenza ballerina. Che il buon Henrik ci sapesse fare è cosa nota, ma stavolta il colpo di genio è tanto “banale” quanto fruttifero. Fruttifero, in primo luogo, di un viaggio all’interno del mondo dei bell carillon, e conseguentemente di “Elements of Light”: una sorta di concept, o sarebbe meglio dire enucleazione, dei cinque elementi costitutivi della luce, che danno titolo alle altrettante tracce.
La classe di Pantha du Prince emerge come al solito nella capacità di dosare ritmi in cassa house, minimal beat, intermezzi quasi ambient, tastiere e organi e stavolta anche marimbe, xilofoni e caracas. Il vero elemento aggiunto è ovviamente dato dalle campane, tuttavia qui (a differenza che in “Black Noise”) non campionate: stavolta Henrik decide che fra esse (ben sessantaquattro) e l’ascoltatore non debbano frapporsi digitalismi. E allora da novello fra’ Martino le collega alla tastiera e le aziona per mezzo di questa. La resa sonora realistica emerge quasi tridimensionalmente nel dipanarsi dei pezzi, restituendo un connubio sublime e a tratti dolcemente spettrale tra elettronica e modern classic (l’impianto messo in piedi è effettivamente orchestrale) e dando la sensazione, a tratti, di trovarsi in una cattedrale a muovere il piedino su un sottofondo etnico alieno.
“Spectral Split” è in questo senso il perfetto compendio dell’intero album, ma l’attenzione è sempre desta e il rapimento sempre efficace per tutta la durata dei 43 minuti.
Pantha du Prince può dirsi ormai artista di culto in ambito elettronico, “Elements of Light” l’ennesimo raffinatissimo tassello nella sua discografia. Una chicca da non perdere.
2. Particle
3. Photon
4. Spectral Split
5. Quantum
Ascolta “Particle”