La seconda uscita per la serie “Tracks From The Vault” mette in mostra un ispirato Actress rimodellare la gradevole “Lost In The Streets Of NYC” di Tom Trago, originariamente rilasciata nel 2009 che, però, considerata la sua nuova venatura techno, meritava di essere, per così dire, ‘riscoperta’.
In maniera simile, la versione di Convextion per un concreto brano di Terrence Dixon, dal titolo a dir poco celebrativo e parimenti seminale per l’etichetta in questione, risale al 2007, quando ne fu presentata una rilettura ambient per il progetto Population One dell’artista di Detroit, mentre la presente, quindi, del tutto inedita, ha un superbo incedere electro. Altamente consigliata.
Il debutto è, di sicuro, fra quelli più promettenti di sempre, infatti, il primo 12” firmato Argot si rivela essere un’autentico campionario delle migliori sonorità proposte nel recente passato da Amir Alexander su altre etichette. La sua estetica, influenzata dalla doppia appartenenza alle scene di Chicago e Detroit, è ricca e risuona altrettanto forte e chiara sin dalle prime note della melodica title-track ““ per un galoppante cavalcata house intrisa di un mood che palesemente rimanda alla Motor City ““ così come in quelle psichedeliche di “The Black Rain”.
Sul lato B, si innestano, invece, gli effervescenti accordi di “Dark Dirt” e quelli più introversi di “Mystical Eroticism”.
Il nome del mascherato DJ Stingray ““ noto all’anagrafe come Sherard Ingram e membro del collettivo Urban Tribe ““ è parte integrante della leggenda Drexciya, poichè fu tra i più accesi sostenitori e diffusori dell’irraggiungibile e ricercato suono del duo composto da James Stinson e Gerald Donald e, conseguentemente alla prematura dipartita del primo, la sua produzione in studio ne hai poi spesso fatti propri gli stilemi.
Le tre tracce ““ oscillanti tra acid ed electro ““ di “Imping Is Easy” (2012) rimandano così proprio a quel misterioso groove sommerso nei più profondi abissi, tra stridenti arpeggi e bassi in costante crescita, oscuri campioni vocali e insidiose propulsioni soniche.
Da buoni amici, il già affermato Takeshi Kouzuki e l’esordiente Mituo Shiomi condividono una spiccata passione per i vecchi sintetizzatori e le drum machine di un’era fa, finendo così per essere irrimediabilmente influenzati dal sempre corposo suono dell’esplosiva Chicago house.
Al loro primo e felice tentativo di riprenderne caratteristiche e temi portanti, la coppia giapponese fa letteralmente centro, sfoderando un tocco ‘magico’ e virtuose soluzioni analogiche per ognuna delle atmosferiche tracce dell’EP rilasciato dalla label gestita da Nick Anthony Simoncino, dimostrando nel modo più compiuto come la musica possa prescindere da specifiche nazionalità e precisi confini geografici.
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In coppia con il più esperto Michael Diekman, il giovane Matti Turunen ha dato il via al duo Morphology, già autore di pregevoli lavori che l’hanno prontamente proiettato ai vertici dell’elettronica europea contemporanea.
Ciò nonostante, il suo debutto solista sulla neonata Mukh non è affatto da meno: in sole tre tracce riesce a dar luogo a uno spettro sonoro che include sia i colori più scuri dell’electro nella glaciale title-track, che quelli più caldi dell’house in una disinvolta “Things You Do”, senza tralasciare alcune venature dub, espresse nella nebulosa “Stars”. Attraverso un sapiente ricorso ad apparecchiature rigorosamente analogiche, l’artista finlandese incanta.
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Insubordinato e contrario a qualsiasi moda o tendenza di sorta, il prolifico Danny Wolfers continua a essere tra i più accesi fautori di una techno basata su un continuo recupero di elementi tratti dal passato.
Tuttavia, tale verde e traslucido vinile costituisce solo un ‘assaggio’ di soli inediti estrattati dall’omonimo album, laddove non appare per nulla casuale che il prolungato delirio acid di “Rave Till Dawn” e le costanti pulsioni analogiche di “Creation 5” paghino un notevole tributo alla scena elettronica sviluppatasi negli anni ’90 nei Paesi Bassi. La conclusiva “Extra Downey’s Day 3” si palesa, poi, come il vero e proprio viaggio senza confini in una dimensione extra-sensoriale.
I gloriosi Azymuth sono stati composti da Alex Malheiros al basso e alla chitarra, Ivan Conti alla batteria e percussioni e dal recentemente scomparso Josè Roberto Bertrami alle tastiere e, nel corso di un trentennio, come trio jazz-funk, hanno letteralmente scritto pagine di storia, che la Far Out Recordings, etichetta inglese specializzata in musica brasiliana, ha sapute custodire e continuamente riproporre.
La gloriosa “Jazz Carnival”, già sigla di “Mixer” (1980-1998) su Rai 2, pubblicata per la prima volta in versione estesa, è una vera e propria allegra tempesta di fuoco. In presenza di un immortale ‘classico’ di tale portata, ogni parola in più appare quanto mai fuori luogo.
Ascolta Jazz Carnival (Previously Unreleased Full Length Mix)
Nuovo Galles del Sud, Australia. Tra le circa settemila anime di Rozelle, a pochi chilometri dalla più popolosa Sydney, vi sono Carl Spence e Tim Culbert ““ rispettivamente proprietario e suo diretto collaboratore per le operazioni on-line ““ che, nel giro di un biennio, hanno dato vita alla Thug Records e mai smesso di perseguire un sogno dalle tinte old school house, coinvolgendo in più occasioni Nick Anthony Simoncino; il cui alias Ron Jason ne è l’ennesima re-incarnazione e “Cosmic Paradise” ““ impreziosita anche da due splendidi remix curati dallo straordinario Larry Heard ““ è una specie di ‘psichico’ inno in chiave 80’s da ascoltare e ballare dal tramonto all’alba.
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