Guardano con affetto agli anni ’80 i veronesi The Shape, lo fanno però con uno spirito non troppo nostalgico o fine a sè stesso, ma anzi, con la necessità di trovare un punto di partenza che poi possa lasciare libere sensazioni e scrittura. La band si muove spesso morbida e vellutata, non è necessario alzare i giri del motore per solleticare il nostro interesse, calibrando chitarre che sanno anche valorizzare i momenti più raccolti (quelli in cui il gioco di ombre e luci sembra più appannaggio delle prime), così come gestendo la maggior presenza dei synth, tutt’altro che ingombranti, seppur decisamente importanti nel suono.
L’apertura è deliziosa ma forse anche fuorviante, con l’incedere incalzante di “After This”, dal suono che strizza l’occhio a una certa maestosità tanto quanto a una scioltezza quasi tropicaleggiante. Ottima partenza. Poi nel corso delle succesive tracce i ritmi calano e l’impianto è capace anche di farsi un po’ più minimalista (sempre curatissimo l’aspetto ritmico però), pensiamo a una “70/90” o “Slower, Slower, Slower” che potrebbe tranquillamente avere l’OK dai Radiohead (prima del fnale bello pimpante però, giusto dirlo!). “Double Vision” e “Oh, Angelo!” sono il cuore oscuro e sognante del disco, una passeggiata nelle nuvole, lontanto da fastidiosi rumori di fondo. Se “Every Time You Go” ha un andamento quasi da western futurista, con Morricone che potrebbe sorridere a queste parole, la title track ci riporta in territori più onirici (e l’impianto melodico supporta il tutto a dovere).
Molto piacevole la chiusura con “Falling From The Atmosphere”, dal suono più stratificato e con la tastiera a dare la linea guida: un brano che funge da ottima colonna sonora finale, capace di racchiudere i profumi e i sapori di tutto quanto abbiamo sentito fino ad ora.
Ottimo lavoro ragazzi!
Ps: Non cercate il disco su Spotify, andate dritti su Bandcamp.
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