I Sum 41 si congedano dalla scena musicale con “Heaven :x: Hell”, un doppio album che chiude la lunga e altalenante carriera della band canadese posizionandosi in una zona di confortevole familiarità. Il primo disco, un omaggio al pop punk californiano, fa il verso ai successi di “All Killer No Filler” e riecheggia le solite influenze di Offspring e Blink 182, senza però aggiungere nulla di nuovo al minestrone. È un ascolto piacevole ma non sorprendente, che potrebbe lasciare l’ascoltatore con la sensazione di aver già sentito milioni di volte queste melodie trite e ritrite.

Credit: Travis Shinn

Nel secondo disco, invece, ci tuffiamo nelle acque più torbide del metal, un genere che i Sum 41 hanno sempre ammirato e incorporato nel loro sound. In questo caso la band sembra più a suo agio, esplorando riff e ritmi in salsa hardcore punk che dimostrano una maturità e una comprensione più profonda del genere, naturalmente reinterpretato in una versione estremamente accessibile. Tuttavia anche questo sforzo, sebbene più originale della prima metà dell’opera, non riesce a lasciare un’impronta indelebile (anche se canzoni come “Rise Up”, “Strangers In These Times” e “It’s All Me” si fanno apprezzare).

In definitiva “Heaven :x: Hell” è un addio dignitoso per i Sum 41. Un saluto affettuoso che arriva in un momento in cui la band, e forse anche il genere, sembrano aver detto tutto ciò che avevano da dire. Chiaramente non ci sono tracce rivoluzionarie o momenti di brillantezza che segneranno la storia della musica, ma c’è un senso di chiusura e di celebrazione di ciò che è stato che sicuramente farà commuovere i fan più sfegatati (e solo loro).

È un album che, come un vecchio amico, offre conforto nella sua prevedibilità, regalando qualche sussulto solo in un titolo in italiano con tanto di errore ortografico (“Preparasi a Salire”) e in una cover tutt’altro che memorabile di “Paint It Black”, uno dei pezzi più inflazionati in assoluto dei Rolling Stones.