Torna dopo una pausa di dieci anni Pietro Di Lietro cantautore e polistrumentista partenopeo che ha mosso i primi passi discografici ne La Condizione Danzante con l’EP “Monaco Addio” passando poi alla carriera solista con “Nulla da Capire” (2011) e “L’alba Negata” (2014) prima di un lungo periodo come direttore artistico dell’ associazione culturale e spazio sociale indipendente Ferro3.0

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“Infinite Forme di Salvezza” è un concept che racconta l’inizio e la fine di una relazione amorosa con maturità e costanza, canzoni che rappresentano un motivo per tornare alla vita e riprendere il cammino interrotto dopo un momento di buio e depressione. Appunti di viaggio, musica come terapia in un disco intimo, sofferto.

“Infinite forme di salvezza è un monito per chiunque cerca la sua di salvezza, perché sono infiniti i modi e le forme, ed è possibile trovarla ovunque se siamo bravi a cercarla”

E Di Lietro la chiave giusta sembra averla trovata nelle note della title track, nei confini e limiti da cercare e superare in una “Dove finisce la notte” intensa e sussurrata, strutturata attorno a un ritornello delicato, in “Naufraghi” che parte da un giro d’accordi provato per anni che ha trovato finalmente il proprio tempo in una ballata dolorosa e gentile.

“Cambiare l’acqua ai fiori” ispirato dall’omonimo romanzo di Valerie Perrin  altro brano estremamente lucido che affronta il tema della rabbia e del rancore con la grazia di un arrangiamento in crescendo, “Ancora noi” nato molti anni fa ma ancora attuale e “Inevitabili distrazioni” scritto un mese prima di entrare in studio a legare passato e presente riconsegnano un artista ritrovato. Il piano di “Goodbye” a chiudere i giochi è una riflessione che incanta.

Sette brani nati solo piano e voce o chitarra e voce, arricchiti con l’aiuto del produttore Bruno Piscicelli e di un solido gruppo di musicisti – Ilaria Scarico al basso, Gianluca Timoteo alla batteria, Dario Patti al violino,  Michele de Finis alla chitarra elettrica – che rendono “Infinite Forme di Salvezza” un lavoro corale e di notevole spessore, adatto a chi “non è ancora stanco di guardare il cielo“.