Thom Yorke pubblica un album a sorpresa via BitTorrent. Si paga 6 dollari e – a parte la versione in vinile che verrà distribuita a chi l’ha ordinata – sta lì, non esiste altrove.

Il primo pensiero ad una notizia del genere è stato: ha bruciato Aphex Twin nella continua rincorsa all’hype; il secondo: sarà un nuvolo di roba elettronica e chissà che il prossimo album dei Radiohead non suoni garage; il terzo (visto l’artwork): è una presa per il culo, Thom ha svuotato l’hard disk, ha dato una sgrezzata al tutto, fatto una copertina con paint e via.

Invece no: è un album vero, è sul serio il seguito di “The Ereaser” (2006).

Ma per accorgersene bisogna superare lo stupore, lasciare stare quelli che schiamazzano «ha fatto come Beyonce, tutto a sorpresa!» (ma dove stavano questi quando dal nulla è spuntato “m b v” o quando i Radiohead hanno anticipato di tre giorni la pubblicazione di “The King Of Limbs“?), dimenticarsi che il music business è diventato un inferno in cui il piacere dell’attesa è negato per sempre, e finalmente concentrarsi sulla musica.

Con il suo predecessore, “Tomorrow’s Modern Boxes” condivide il mood crepuscolare e paranoico e – non poteva essere altrimenti – la padronanza degli stilemi elettronici da parte del suo autore.

Ma mentre “The Eraser” suonava come uno spin-off dal lavoro dei Radiohed, un qualcosa attraverso cui Thom Yorke dava libero sfogo ai suoni che aveva nel cervello, al suo bisogno di novità sempre e comunque, “Tomorrow’s Modern Boxes” è molto lontano dalla riva: Yorke fluttua ormai da anni in uno spazio suo, personalissimo e distante; e, contemporaneamente – in perfetta simmetria con “The Eraser” – questa uscita potrebbe rappresentare una specie di homecoming se sul serio la prossima volta che ascolteremo la sua voce registrata sarà su un nuovo album dei Radiohead.

Questa differente distanza da un ideale punto di partenza traspare dal suono della voce: tante volte chiara e in primo piano ieri, quanto oggi piegata ritorta (come e più che su “Kid A“).

Ancora, “Tomorrow’s Modern Boxes” è privo veri spunti pop (forse esauriti in Amok?), ma non di melodie pazzesche (è il caso, su tutte, di “The Mother Lode”) e si perde in un’astrazione grezza talvolta irresistibile (“There’s No Ice (For My Drink”): titolo da rockstar viziata anni ’70 ma tant’è.

Questo disco è un po’ una sorpresa senza sorpresa: stupisce per come è arrivato (ma è l’aspetto più trascurabile: oggigiorno si farebbe di tutto per farsi notare), non stupisce per il suo contenuto. Non è questione di qualità – elevata; è che vale lo stesso discorso fatto al tempo per “The King Of Limbs”: dal Thom Yorke degli ultimi 15 anni ci si aspetta questo e (forse: è questo, in fondo, il punto) altro.

La versione originale dell’articolo si trova su ‘Non siamo di qui’ che ringraziamo per la gentile concessione.

Pubblicazione: 26 settembre 2014
Genere: Indie, electronic, experimental rock,
Lunghezza: 38:13
Label: Self-released, Hostess (Japan), XL (reissue)
Produttore: Nigel Godrich

Tracklist:

  1. A Brain in a Bottle
  2. Guess Again!
  3. Interference
  4. The Mother Lode
  5. Truth Ray
  6. There Is No Ice (For My Drink)
  7. Pink Section
  8. Nose Grows Some