Astenersi diabetici e simpatizzanti del male di vivere, qui si parla dell’ultimo estratto da quella combriccola di “bravi ragazzi” che è la Danielson Family da cui uscì anche l’ormai beneamato Sufjan Stevens. Il buon John Ringhofer non possiede ancora il talento maturo e la scrittura del “fratello” Sufjan ma le coordinate sono simili e compresse in una ventina di gradevoli canzoncine tutte coretti e gingilli che quasi mai superano i due minuti e mezzo.
Ci sono tutti i soliti ingredienti per glorificare il pop ed il creatore a dovere: falsetti, tastierine, ritmi da videogioco, fiati qua e là e tutte le percussioncine che vi vengono in mente. Se attendete impazienti un nuovo disco da amare dopo gli Architecture in Helsinki, l’ultimo Why e per l’appunto Sufjan Stevens magari non sarà questo ma di sicuro addolcirà l’attesa. E’ pur sempre primavera.