L’attivissima DNA concerti regala al pubblico romano una due giorni musicale di tutto rispetto. In collaborazione con la Petrolio Agency, il Circolo Degli Artisti (votato dai lettori di Rockerilla miglior music club dell’anno ), Radio Città  Futura e le riviste più prestigiose del panorama indipendente ( Rockerilla, ma anche il Mucchio, Losing Today e Rumore ), sul palco del locale di Via Casilina Vecchia si sono alternati Adam Green e i Black Dice il 5 aprile e gli Stereototal più i Brakes il giorno successivo. La scelta di organizzare un evento di questo tipo proprio a Roma fa riflettere chi scrive su come sia mutata la situazione musicale nella capitale rispetto a qualche anno fa. Ad oggi il pubblico romano è molto più numeroso, esigente ed esperto rispetto al passato e la musica indipendente non è più solo ad appannaggio di una esigua minoranza ma, seppur a livelli diversi, viene apprezzata e ascoltata da platee sempre più ampie, come dimostrano i frequenti sold out proprio al Circolo e nelle varie serate a base di indie dj set sempre più gremite ( Fish & Chips, Screamadelica sul versante indie e il Micca Club per gli adepti delle sonorità  sixties ). Insomma, finalmente sembra proprio che anche Roma abbia raggiunto gli standard europei in fatto di qualità  di musica e concerti, uscendo da quel mesto e duraturo provincialismo fatto di musicale leggera ed altra immondizia di stampo sanremese che trovavano sulla loro strada romani e stranieri che intendessero passare una serata ascoltando della buona musica live. A conferma di questo la sera del 5 aprile vede la presenza di molti stranieri tra il pubblico che, mi è parso di capire, essere accorso soprattutto per ascoltare l’anti-folk crooner statunitense Adam Green più che per i Black Dice. In giacca e camicia e con il volto da adolescente eternamente flippato, Green non tradisce le aspettative di un live che ha avuto come unica nota negativa quella di essere forse un po’ troppo breve rispetto alle aspettative. Ciò nonostante il giovane newyorkese non si è risparmiato e ha proposto un set tirato, bluesy, intenso e anche divertente a tratti. Fin dai primi brani il cantautore mostra una capacità  vocale stupefacente, profonda, calda, tanto che forse anche per le sue danze e per il sostegno dell’hammond mi ha ricordato in pezzi come Gemstones, niente meno che un riuscito incontro tra sua maestà  Jim Morrison in versione crooner e lo Stuart Staples meno malinconico. Tra una Cast a Shadow ed una Hollywood Bowl tratte dall’ultimo convincente ” Jacket Full Of Danger “, Adam dismette i panni del bluesman alternativo per dare vita ad una seconda parte del set più acustica che evidenzia la componente folk della del suo universo sonoro. E così sciorina una grande versione di Friends Of Mine dal sapore 50’s, una coinvolgente Dance With Me fino allo scatenato finale affidato al singolo Nat King Cole che manda il pubblico in visibilio. Prima di salutare i suoi fan c’è spazio anche per una dichiarazione d’amore dettata dal livello alcolico di Mr. Green ( “Se dovessi combattere, lo farei per voi ” o qualcosa di simile ) che conclude un concerto di eccellente qualità . Auspichiamo al più presto possibile il ritorno a Roma del newyorkese, stavolta magari per un serata che lo veda unico protagonista per un live di maggior durata. Discorso diverso per i Black Dice, gruppo di casa DFA. L’ultimo albo ” Broken Ear Record ” mi era sembrato buono e tutto sommato non così osticamente sperimentale come me lo avevano descritto. Dal vivo la componente avant invece si accentua di molto e rende la fruizione auditiva e sonica notevolmente complessa, come conferma il pubblico molto più scarso rispetto al primo concerto ( e d’altra parte musicalmente parlando Green e i Black Dice sono più distanti che Vladimir Luxuria e il Cardinal Ruini, per cui non è che ci si potesse aspettare una risposta molto diversa”…). Il suono dei Black Dice è fatto di ritmiche aggrovigliate, chitarre, distorsioni di ogni genere, synth, schegge industrialmente noise aggrumate in riverberi ipnotici che sembrano evocare le pulsioni metropolitane più oscure e angoscianti, futuristiche e sintetiche ma anche terribilmente umane. Nulla a che fare quindi con i danzerecci compagni di scuderia DFA e zero ammiccamenti modaioli per i Black Dice, che si segnalano comunque come una proposta all’avanguardia nell’ambito dell’elettronica più ambiziosamente sperimentale e intelligente.

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