Sono l’umile figlio di un ristoratore/assicuratore che ha lasciato la chitarra per sposare una discografica degli anni ’70. Il matrimonio, oltrechè di venire al mondo, mi ha permesso di vedere da vicino Donna Summer e DD Jackson, i Village People e Roberta Kelly; ma è da Battiato e Vasco Rossi che sono stato folgorato; ed è dalla voce malinconica di Battisti che sono stato rapito. Proprio qui inizia il mio percorso di ricerca del giusto mezzo tra musica e testo, tra leggerezza e sperimentazione, tra elettronica e armonia. Scrivo da sempre, sin dalle elementari: la centralità del testo – mi sembra di sentirla – mi ha sempre affascinato.
Da questa mia passione, sono nati – come fiori – le collaborazioni con Niccolò Fabi e Max Gazzè; e l’avventura Tiromancino, prima di arrivare a qualcosa di veramente mio; qualcosa che davvero mi appartiene. Ci sono voluti tre anni per passare dal primo al secondo album, dove ho fotografato in nove canzoni, altrettanti incontri tratti dalla quotidianità e filtrati attraverso il mio vissuto personale; dove ho compiuto un passo ulteriore nella mia personale interpretazone del cantautorato moderno: “Laura” è dedicata alla mia compagna, oltrechè bassista e produttrice di questi “Incontri a Metà Strada” (e, se vogliamo, anche un omaggio a Vasco Rossi); ma mi sento ancora molto legato alle sonorità dei Tiromancino (“Impressioni da un’ecografia”, “Il nostro fragile equilibrio” e “Anni di pace”); oltrechè ad artisti con cui ho lavorato, come Fabi (“Finora” e “Una canzone per Fede”); e ad artisti che ammiro, come David Sylvian (“Se potessi incontrarti ancora”).
In definitiva, il bisogno di scrivere e comporre fa parte di me; e mi sento molto triste quando non riesco a farlo; mi sembra, in qualche modo, di non aver vissuto.