Dopo circa tre anni (“AtomBombProofHeart”, 2003), il petalo a forma di cuore degli Hogwash diventa, sulla mano di una ragazza, una farfalla che si vuole lasciare alle spalle le copertine bucoliche (in stile 4AD) e lo stoner degli esordi – pur portando impresso il passato sulle ali colorate e psichedeliche – per virare verso le colline più luminose e le acque più cristalline dell’indie-pop.
Seguiti dall’ombra dell’amico e compagno Alberto Ferrari (Verdena), i quattro artisti di Leffe iniziano questo percorso migratorio nell’assoluta mancanza di pressioni e nella consueta spontaneità del 2 pollici analogico. Pieni di sanguigna generosità e di un cuore di fattura monolitica tracciano, sulla loro cartina immaginaria, dei segni ancora acerbi e di non facile individuazione: ora si lanciano in cavalcate elettriche alla Kings Of Leon (“My Dear December” e “Weak Brother”); ora riposano nell’indolenza serale degli Yuppie Flu (“Crude”) o all’ombra dei vicini Satellite Inn (“Holes In My Maps” e “I See You”); fino ad echeggiare i Dinosaur JR in “Fools Do Pay” e “Goodbye Letters”.
La lingua inglese risulta però un bagaglio troppo ingombrante da portare dietro; e soltanto quando la farfalla si sarà liberata da tutto il superfluo – da tutte le influenze che non le appartengono – potrà lasciare il palmo protettivo della ragazza e librarsi leggera oltre le colline.