«Bang Bang. You’re Dead ».
E all’improvviso gli occhi mi si riempiono di sangue; è brutto perchè, oltre a sopportare la paura per tutte le pareti che ballano, adesso ci si mette anche il rosso devastante. Etilbenzene nelle vene e bolle di prozac sparse sul soffitto. Ho il ricordo lontano dello sguardo sbarrato alla Ketamina di un mio amico che si muoveva come un animale preistorico e annuiva a tutto. Il lettore va da solo, senza che ascolti minimamente i miei comandi.
Beh, la prossima volta si dovrà sturare quelle cazzo di orecchie caro il mio lettore grigio metallizzato. Nel frattempo cortesemente suoni ancora dolci musichette. Maledetti questi della Urtovox: con la scusa del “ci piace un casino il tuo modo intrippato di scrivere” mi costringono anche quasi a spararmi su le supposte d’assenzio pur di riuscire a cacciar fuori qualche frase interessante che segua a dovere il perimetro della loro musica. La loro musica. Bella la loro musica. Parliamo degli Elle e di come “Bstrong” s’insinua dentro ogni cavità dell’organismo. Pavimentazioni brillanti d’elettronica su cui poggiano vasi fioriti d’indie rock, concimati dal suono di una chitarra elettrica che non conosce banalità .
Tutto è al posto giusto, nessun fottuto ragazzino che tocca niente in giro. Niente disordine. Provare il profumo di “To Be On The Way Out”. Tastare con mano. Prendere a piene mani dal sound, senza rancore. L’album è piuttosto “cupo”, “nero”, oserei dire rassegnato alla contemporanea perdizione del mondo eppure ogni tanto arriva una scarica che dice “Dai”…non te la prendere”…siamo tutti dentro la stessa merda”…rialza quella testa”…c’è anche il prezzo consigliato di quindici euro e cinquanta”…”. Ecco quindi “FAQ” a parlare per tutto il disco. “FAQ”. Perchè la vita non potrebbe essere sempre come “FAQ”? Nei secondi di questa canzone voi potete sentirci la storia musicale di Bobby Gillespie che a tarda notte rincontra i fratelli Reid al pub; insieme decidono di andare subito nel loro vecchio studio di registrazione e casualità delle casualità “…ci sono i Chemical Brothers con le loro strampalate macchine di scomposizione del suono dietro al vetro. Macchine alimentate a cherosene. Tutti pronti? Via! E’ shoegazer, è psichedelia, è un calcio alle frustrazioni e a questa cazzo d’insonnia che arriverà a marcirti tutte le ossa. E’ acidità perforante, è”…te. In fondo.
Chill out-pop-rock-elettronica. Rilassatezza-gusto di fragola-te stesso girato di 180 gradi-ansia moderna. Affiora qualche similitudine sonora con il romanticismo di “Neon Golden” dei Notwist e qualcosa di più intimo e semplice di marca Turin Brakes. Poi il disco finisce e tutto rimane uguale”…ma tanto lo sospettavate già . Tutto immobile al suo posto”…come prima: la scheggia irregolare che galleggia dentro al mare bluastro, una luce in fondo agli occhi che continua a tradirvi e il vostro ego che nuota in un universo di cioccolata al latte.