Il gran giorno è infine giunto!
Già da più di un mese la giornata era guichet fermè o più anglofonamente sold out e le attese dei 30 mila fortunati possessori del prezioso tagliando finalmente appagate.
Le avvisaglie non erano tra le più rosee: il meteo francese prevedeva pioggia e pioggia fu. Ma solo alle prime battute fortunatamente, giusto per dare un tocco d’Inghilterra a questo Festival che già da Albione carpiva le principali melodie rock.
Il palinsesto prevedeva una scaletta da brividi: in una sola giornata si avevano artisti del calibro, in ordine strettamente cronologico, come Broken Social Scene, Phoenix, Skin, The Dead “’60s, The Rakes, Beck, Editors e Radiohead.
Ad aprire le danze quindi, i canadesi Broken Social Scene, molto apprezzati per il loro stile eterogeneo che viaggia tra melodie “spaziali” e suoni noise-pop alla Pixies seppur sotto il tintinnio di una pioggerillina leggera ma fastidiosa.
Sulla Grande Scene è quindi l’atteso momento dei Phoenix, gruppo francese in cerca di identità che, dopo un promettente primo album, lasciano profonde perplessità in seguito ai due successivi dischi. L’occasione del riscatto sarebbe potuta essere proprio questa ed invece si concretizza il declino di un gruppo-meteora come ne abbiamo visti passare a dozzine. La prestazione è senza verve, il distacco con la folla, peraltro nutrita, è colmato soltanto con il loro unico effimero successo “If I Have Feel Better”.
Unica percezione: delusione. Si torna al secondo palco, la Scene de l’industrie, pronti ad esser graffiati dalla pantera nera. Skin e il suo gruppo, è in gran forma e dimostra davvero d’esser un ‘mostro da palcoscenico’, cantando e coinvolgendo il pubblico con il suo repertorio, tra cui l’immancabile “Hedonism” degli Skunk Anansie, più qualche covers ben apprezzata. L’amaro in bocca svanisce e l’energia e l’adrenalina caricano la festa.
Giusto il tempo di una birra, i concerti si susseguono a ritmi serratissimi, e si ritrova il palco principale ed un nuovo gruppo d’oltremanica, The Dead 60’s. Già dal nome si percepisce uno spiccato background ‘retrò’ di questi scousers (abitanti di Liverpool) con influenze punk di chiara matrice Clash. La sorpresa è davvero piacevole, il gruppo è molto eclettico e sfodera una prestazione di alto profilo che ne preannuncia una notorietà per il momento ancora appannaggio degli addetti ai lavori. Punk, dub, ska e sonorità sixtie si mescolano bene ed il mix esalta il pubblico richiamando, in alcuni brani, alla memoria i The Coral prima della discutibile svolta pop dell’ultimo album.
Da tenere d’occhio.
Altro giro, altra corsa: si torna al secondo palco ed è il momento dei tanto attesi The Rakes. Si presenta un gruppo a proprio agio sotto i riflettori, sicuri di sè e del proprio stile, musicale e non. D’altronde la loro miscela è quella che va per la maggiore negli ultimi tempi e sono abbastanza dotati per cavalcare l’onda del brit-punk dilagante. Ricordano vagamente i The Libertines ma aggiungono un tocco New Wave che, bisogna dirlo, fa tanto moda”… Nonostante un’acustica non impeccabile la loro prestazione è energica, coinvolgente e tutto sommato soddisfacente.
Dopo questa discreta carrellata di gruppi emergenti si comincia a fare sul serio: entrano in scena i big.
Al palco principale si attende Beck e la sua banda. Parte “Loser” e con essa le immagini sui maxischermi posti al fianco del palco, ma a suonare non sono loro, bensì le loro controfigure in marionette!!! Dopo pochi istanti entrano loro in carne ed ossa e l’ovazione li accoglie.
Beck ha lasciato crescere i capelli ed ha un copricapo avana che sta tra il cowboy texano ed il colonialista delle indie orientali”… Look a parte, nonostante la splendida trovata artistica delle marionette, sembra che Beck non sia in giornata di grazia. Anche durante i pezzi più aggressivi il geniale ragazzo di L.A. sembra un po’ intristito e malinconico, come in preda alla malinconia che lo spinse a comporre “Sea Change”. Lo spettacolo dei ‘pupazzi’ rende l’esibizione più gustosa fin anche a toccare momenti di pura ilarità quando viene trasmesso un video sulle prodezze del gruppo in giro per la Ville lumière e per concludere nel backstage dei Radiohead“…
Tra il concerto di Beck e l’entrata in scena degli ‘Angeli di Oxford’ passa poco più di mezz’ora, troppo poco per poter andare ad ascoltare dei, a quanto pare, pur meritevoli Editors. Purtroppo l’idea di concentrare cotanti artisti in due sole giornate preclude la possibilità di poterne apprezzare in toto la programmazione. A farne le spese, non ce ne vogliano, è per l’appunto la band di Birmingham che con “The Back Room” si sono catapultati alla ribalta della scena neo-wave d’oltremanica.
Ci saranno altre occasioni per conoscerli meglio.
Lo stillicidio dell’attesa grava nell’animo dei fans mentre il parco si gremisce all’inverosimile. Il ritardo, previsto e prevedibile, ammonta a soli 15 minuti e con “Airbag” fanno ingresso i Radiohead. Sugli schermi e dietro il palco frammenti video scompogono il gruppo e avallano il delirio mistico degli acuti di Thom Yorke con proiezioni astratte e figurate. Il colore dominante è il rosso, l’atmosfera ipnotica. Due ore di esibizione al termine di un festival così denso di note costituiscono una chiusura in grande stile. Pezzi ormai storici tratti da “The Bends” e “OK Computer” si alternano con le tracce avanguardiste degli ultimi 3 album. Ovazioni e grande entusiasmo accompagnano l’esecuzione di pezzi quali “Paranoid Android” o “Idioteque”, religiosa attenzione invece per i 4 nuovi brani che usciranno nel prossimo album. Nonostante una proclamata svolta 3 delle nuove canzoni sembrano continuare il percorso elettro-beat psichedelico che da “Kid A” in poi ha caratterizzato il gruppo, solo l’ultima sembrava tornare su di un rock più “convenzionale” col triangolo chitarra-basso-batteria in posizione dominante. Scorrono in sequenza le pietre miliari del loro repertorio e l’ambiente trascende in una simbiosi osmotica. La band esce di scena, ma il rientro è d’obbligo, c’è ancora da inebriarsi con la sempreverde “Karma Police” cantata a squarciagola da una folla oramai in visibilio.
E’ tempo di bilanci: la manifestazione, giunta alla quarta edizione, sembra sempre più affinare la propria organizzazione ed ha accolto in queste due giornate 57.000 persone con tutti i servizi indispensabili e non. Il giudizio non può che essere positivo in definitiva quindi.