Le Lunghe Bionde sono un quintetto di Sheffield formato da tre donne e due uomini, di cui uno, Dorian Cox, è l’autore di quasi tutti i testi del gruppo.
Di bionde e biondi tuttavia, nemmeno l’ombra.
Quello che invece c’è in tutti gli episodi che il gruppo ha licenziato dal 2003 ““ anno in cui si è formata la band ““ ad oggi è uno squisito indie pop di fattura contemporanea, prettamente britannico ed elegantemente intessuto su coordinate ( new ) new wave e art rock.
Questo adrenalinico debutto conferma sostanzialmente le sensazioni che ci eravamo fatti con i singoli che lo hanno preceduto: Franz Ferdinand old style a go-go, i Rakes più luminosi, l’attitudine declamatoria dei Pulp, Elastica, Raveonettes, Blondie, Le Tigre e una malcelata vena 60’s soul.
Se a questi ingredienti poi ci aggiungi un look così cool da far sembrare Johnny Borrel lo sfigato di turno, un’ iconografia che rende romantiche anche le atmosfere più fredde dei dipinti di Edward Hopper, il successo è quasi inevitabile.
Tutto molto chic, insomma, tutto perfettamente in linea con l’hype del momento.
Ma poi sarà veramente tutto così ” snob ” ?
Secondo me ““ ma non lo dite in giro ““ l’urgenza primaria delle Long Blondes è una sola: far ballare i loro fan. E se sul valore del resto ho qualche perplessità , su questo non nutro invece alcun dubbio.
Se non l’avete già fatto, provate a mettere su ” Separated By Motorways “, ” Giddy Stratospheres ” o l’ultimo singolo ” Once And Never Again ” e ve ne farete un’idea.
Se ancora ““ ma ne dubito ““ non siete del tutto convinti, perchè in fin dei conti su tre pezzi due li avevate già divorati in passato, allora c’è un’altra soluzione: mettete da parte per qualche istante le waverie di cui sopra e puntate decisamente sulla traccia numero nove, ” Swallow Tattoo”, un concentrato di romanticherie adrenaliniche e sentimenti pop come non si sentiva dai tempi del debutto di Maximo Park, che si candida direttamente alla vittoria tra i primi cinque singoli dell’anno.
A questo punto se ancora l’effetto LB non ha fatto presa su di voi, ci potrebbero essere due spiegazioni: o siete in coma e non ve ne siete accorti, o odiate profondamente le derivazioni moderne del britpop come le scimmie artiche e i loro simili.
In entrambi i casi vi posso dare un ultimo consiglio: andate avanti fino all’ultima traccia, ” Weekend Without Makeup “. Se anche questi 4 minuti e 11 secondi di scariche wave per dancefloor non producono nessun risultato, allora lasciate perdere, c’è poco da fare. Io comunque c’ho provato, perchè con me la cura LB antinoia ha fatto miracoli. Prima di ascoltare l’album, lo crediate o no, giacevo su un letto d’ospedale privo di coscienza.
L’ultima cosa che ricordo prima di risvegliarmi lì è che ero intento a bruciare con foga le pagine dell’ultimo NME con in copertina i Kooks e gli Arctic Monkeys…
P.S.: In questo scenario entusiasmante vanno però fatte un paio di critiche: la prima nota di demerito va alla produzione di Steve Mackey e Richard Flarck, colpevoli di aver ” ripulito ” eccessivamente il suono di alcuni pezzi da quelle imperfezioni che li rendevano più affascinanti; la seconda riguarda la scelta dei brani inseriti nell’album: come si fa a lasciare fuori ” Appropriation ( By Any Other Name ) ” che è uno dei pezzi migliori della band?