“At the age of 27 I am worried about the weather
At the age of 27 I am worried about the dark”
Non ho ancora ventisette anni, ma spesso anch’io, nei pallidi pomeriggi di Milano, sono preoccupato dal tempo e dal buio, e ricordo a malapena quegli altri pomeriggi, quelli dell’infanzia, con il pallone sottobraccio e la candela al naso. Giocavo, giocavo, non pensavo ad altro che giocare, volevo soltanto indossare la tuta verde con le toppe, le scarpe da ginnastica e uscire in cortile.
Ora le passioni sono cambiate, all’arrampicata sugli alberi preferisco l’ascolto ossessivo di dischi, ma quando sono i Pecksniff ad infilarsi nel lettore la differenza è sottile.
“Honey, You’re Murdering Me” mi riporta all’istante a quell’epoca spensierata e luminosa, quando le aiuole dei giardini pubblici mi sembravano di un verde brillante e dai viadotti della tangenziale est respiravo le montagne in lontananza.
Sono undici gioielli, quelli contenuti nel terzo disco del sestetto emiliano, scanditi in mezz’ora di sorrisi mai banali, di melodie delicate che ricordano le prime infatuazioni con i Belle & Sebastian, di un’attitudine sbilenca degna dei migliori Pavement. Talvolta ariosi, talvolta scarni, gli arrangiamenti accompagnano alla perfezione gli intrecci equilibrati tra la voce di Stefano e quella di Patrizia, grazie anche all’utilizzo frequente e divertito di strumenti giocattolo, violini e fiati.
E’ un disco immediato, a partire dalle liriche essenziali ma incisive, ed impiegherà giusto un paio di ascolti ad indurvi ad imparare a memoria ogni singola nota, isolandovi dai vostri tetri percorsi metropolitani e scaraventandovi in un’odissea di luoghi immaginari.
In definitiva, non dicono nulla di nuovo i Pecksniff, ma lo dicono talmente bene che una volta contagiati non potrete più farne a meno.