Un blues strascicato, suonato sul Titanic prima dello schianto con l’iceberg. La folla che guarda attonita ““ prima di essere spazzata via ““ le stelle buttate giù dal cielo. “è questa la tempesta che aspettavamo? è questo il grande lampo atteso da una vita?”
Momenti per ripensare alla nostra esistenza. Ci passa davanti, in un sottofondo musicale rock-blues (con cedimenti folk) la compilation dei nostri ricordi. Band perfetta ““ gli I Am Kloot ““ per celebrare i nostri ultimi istanti, col loro “vivere per le piccole cose: un accordo cambiato quando non si dovrebbe; una frase che ti attrae a sè, senza richiedere troppa attenzione”. Mix ideale questo riassunto dei loro album più riusciti, “Natural History” e “I Am Kloot” (rispettivamente debutto e conferma nel panorama indie europeo ed americano), negli attimi di panico prima dell’immane tragedia, mentre i ricchi sono calati su scialuppe di salvataggio ed i poveri buttati in mare. Gli I Am Kloot continuano a suonare imperterriti ““ come se tutto il resto non li riguardasse ““ proprio queste tracce, registrate negli studi di Maida Vale per lo show del compianto John Peel; alternando sapientemente il contributo di chitarra, batteria e basso (ma soprattutto di questi ultimi due).
Tra i fortunati che stanno per salvarsi o tra coloro che annaspano impotenti, il nostro ultimo istante di vita è dunque una canzone: che ci ricorda i primi due album degli Oasis (“Storm Warning” e “Life In A Day”); o le malinconie acustiche di Simon & Garfunkel (“From Your Favorite Sky” e “Proof”); oppure gli ultimi Coldplay (“Strange Without You”).
Magra consolazione ascoltare una canzone prima di morire; ultimo sussulto del folle baraccone che affonda.