“Mi chiedo perchè non sono riuscita mai a raggiungerti – la meraviglia che mi fermava nelle immediate vicinanze – non posso sopportarlo! Ora la mia testa balla – in equilibrio sulle rotaie. Vedo la gente muoversi; luci che danzano nell’aria; e me distesa al suolo – senza vita. A quest’ora, tu starai sorseggiando il tuo brandy, come al solito; e le tue mani si saranno già posate su di lei…Ho il cuore in gola; lo stomaco sui piedi; gli occhi nel palmo delle mani.
E’ Gennaio: come vorrei che fosse Marzo! Mi sento come un gatto nero in una stanza buia, che cerca un cappello nero che non trova. Mi concederesti un ultimo valzer, Andy? Faresti danzare la mia gonna ancora una volta? Dopotutto, non sono altro che una ragazza che scrive canzoni per un piccolo e sconosciuto gruppo – su alcool e nicotina, sul far tardi la notte, sui ragazzi – che fanno da colonna sonora ai suoi sogni ed alle sue delusioni.
Andy è il ragazzo che non sono mai riuscita a raggiungere; quello con cui mi “butterei a capofitto” in una relazione. Ma Andy rappresenta anche un archetipo di tutto quello che non si può avere; e – alla fine – tutte le mie canzoni non sono altro che piccole variazioni su quest’unico tema: che siano accompagnae da archi, tastiere e batteria o dalla sola chitarra; che cerchino il minimalismo essenziale di Suzanne Vega (“Manderley”, “Dear”), il suono elettrico di Fiona Apple (“Wasted Time”, Feeling Unsecure”) o i Portishead (“Unsure”) e Regina Spektor (“I Wish I Could Taste Him”). Infine eccomi qui: mi allontano da me stessa; e la mia voce si perde nell’aria…