Sentite, qua non si tratta di fare favori agli amici o cose del genere. Ve lo giuro. Figuratevi poi se io mi metto a pubblicizzare gratuitamente Astar Goodman che oltre a far scuocere sempre la pasta ascolta roba inconcepibile per i miei condotti uditivi. Qua si tratta di rendere giustizia a un album bellissimo e basta. Dopo aver ascoltato “Salvate il Mio Maglione Dalle Tarme” ed averlo fatto imparare a memoria a tutto il vicinato grazie alle mega casse del mio vintage Sansui Stereo Receiver R-30 (tra parentesi, adesso quando cammino per la strada, vicino casa, alcune persone, in genere di sesso femminile, sopra i cinquant’anni o mi guardano strano o cambiano marciapiede”…) ho avuto l’illuminazione. Sono andato sul sito della Tafuzzy, ho visto la copertina di questo debut e ho mandato una bella e-mail al nostro amico Brace.
Ecco qua. Sono tornato subito indietro di tre anni. Registrato tra maggio e agosto del 2003 infatti, questo disco vede i Mr.Brace in formazione minimale: Lompa alle chitarre elettriche e agli esperimenti sonori strani, Alice alle tastiere e il Brace alla chitarra acustica oltre che alla voce. Già , la voce: qui si parte dal falsetto fino a qualcosina in inglese (ma pensa te”…), passando per il solito modo affascinante, sgraziato dolcissimo, di cantare e raccontare storie. I testi sono un mix di visioni e folle attaccamento alla realtà . Dove non si eccede con le minchiate (termine non proprio tecnico per parlare di qualcosa in modo giocoso sotto più aspetti) “Ho una felpa di New York/ e una bella giacca beige/ mi tengo stretto con le mani/ che se parte il bus mi cado” [Storia di un Mammuth] si arriva sicuramente a un buonissimo livello di composizione introspettiva (e qui dovrei copiare come minimo tutto il testo di “Igloo””…). Registrato in maniera alquanto agricola (i rumori della pedaliera del buon Lompa col loro “track-tra-track” sono il vero valore aggiunto della produzione) dentro l’affascinantissimo L’acasadilompa Studio questo disco rivela all’ascoltatore un paio di segreti essenziali per la costruzione di pop-folk songs d.o.c. . Non importa, cioè, quanti accordi metti dentro la canzone, quante sfumature differenti del suono sai proporre. L’essenziale è la sostanza in se per se (“uguale se al quadrato”, scriverebbe chi so io nei post di sotto).
Ce l’hanno ricordato in questi anni in molti (davvero devo fare tutti i nomi degli artisti nell’ormai consolidato folk movement di nuovo millennio?). Qui di sostanza ce n’è anche troppa. Giri acustici intelligentissimi (“Brace Due”, con tanto di chitarra spaziale), romanticismo a basso costo per noi giovani (“Passeggiando”) e una sfrenata voglia di raccontare se stessi al mondo (“Brace”). Tutto molto emozionante, tutto molto poetico, tutto molto filtrato da un sound americano che ha radici ben più lontane di un danzante, giovane folk singer barbuto e pittore. Prova essenziale di come una band con un paio di chitarre, alcune idee ben strutturate possa davvero fare musica che punta alla qualità di quello che c’è dentro e non alla confezione del disco o alla copertina di una rivista.
Adesso, dopo tutte ste belle parole se tirate fuori un terzo album del caz*o prendo il primo treno per Riccione e”… .