Sono in credito. Sono fortemente in credito. Adesso che il destino mi ha bastonato a dovere (lo hai assestato davvero bene il colpo, fratello), adesso che la vita ha tirato l’uppercut finale sul mento avrei decisamente bisogno di qualche segno positivo. I cocci rimarranno per terra finchè vorranno loro. Cazzo se sono in credito. Devo assolutamente cominciare a smuovere un po’ il terreno. Comincio frantumando particelle d’aria.
Dentro il booklet, che si apre a formare una croce, c’è una foto. E’ piena di colombe e al centro c’è una ragazza. Con la figa completamente rasata. Il basso in “Other Hell” è distorto e il blues arriva a corrodere”…e quella figa è rasata. Bene così. Niente di nuovo per chi è cresciuto con King Crimson, Grateful Dead, Jimi Hendrix, The Doors e Happy days. Una buona pacca d’incoraggiamento sulla spalla invece per coloro che sono alle prime armi con la rabbia sonora. “Leeds” è un bel casino. E’ una bella spinta. E’ quella spinta che ogni tanto Chris Cornell tenta ancora di dare alla sua voce, alla sua verve, che per un decennio ha acceso la miccia di un rock d’impatto. Violento e macchiato di benzina. Tutto molto seventies, tutto molto poco raffinato e molto trivellante. Stooges, punk e 3 o 4 note per cavalcare in velocità . Ancora una volta. Garage to the bone. Si tocca con le unghie l’hard rock. Disco che contiene una notevole quantità di alcol (e di droga probabilmente).
Trasuda tutto e si vedono chiaramente le notti insonni con le occhiaie passate a registrare, a urlare nel microfono e a scoparsi i feedback fino alla morte (impresa di notevole difficoltà ma, a detta di alcuni, non impossibile). I Duran Duran cantavano Wild Boys! Wild Boys! e poi stavano attenti a non sporcarsi le Timberland col fango. C’è chi selvaggio lo è davvero ma canta altre cose. Queste cose qui.