I post-it sono un’ottima trovata, ma se sei un disordinato cronico ti possono complicare la vita.
Io per esempio vivo in un appartamento disseminato di appiccicosi foglietti colorati.
Li uso con una facilità disarmante e con altrettanta facilità li scordo chissà dove pochi secondi dopo. Alcuni periodicamente saltano fuori, nei momenti meno opportuni e quando le informazioni che contengono ovviamente non servono più a nulla, di altri ne perdo le tracce in quei simpatici buchi neri che ogni dimora che si rispetti conserva gelosamente.
Ranghild deve avere il mio stesso problema.
Posso tranquillamente immaginare il casino che regna nella sua cameretta e soprattutto quell’arcobaleno di pezzetti di carta sparsi un po’ ovunque.
Leggenda vuole infatti che proprio un post-it, rinvenuto chissà dove e sul quale aveva appuntato il titolo di una canzone, sia all’origine di questo progetto musicale, a cui la giovane di Bergen ha dato vita un anno fa.
“Soda Fountain Rag” è infatti il nome di un brano che un certo Duke Ellington compose a soli quindici anni, a tutti gli effetti la sua prima creatura.
Non è sicuramente il jazz ne tanto meno lo stesso smisurato talento ad accomunare quel mostro sacro di Duke con questa fanciulla norvegese, quanto invece una comune, irrefrenabile voglia, manifesta già in giovane età , di comporre musica.
Rinchiusa nella sua stanza, circondata da un armamentario che ogni “bedroom music kid” che si rispetti possiede (niente di più di una scalcinata pianola casio, un comune pc con software audio craccati al seguito, una chitarra rimediata per due soldi due”…) la nostra ha cominciato infatti a sfornare con impressionante velocità un’infinita serie di irresistibili composizioni casalinghe.
Ora ci pensa la nostra MyHoney Records, indie label di Brescia, a mettere ordine nella sconfinata produzione di Soda Fountain Rag patrocinando il primo lavoro sulla lunga distanza.
Una indomabile indole da smanettona, comune in una generazione di ragazzi nati con un mouse tra le mani, messa a disposizione di uno spiccato senso melodico coltivato, come per sua stessa ammissione, con ripetuti ascolti di Magnetic Fields, The Moldy Peaches, Adam Green fin alle più attuali Rough Bunnies, fanno di Ranghild e del suo “home-made project”, uno dei nomi caldi dell’attuale scena nord-europea.
Con “Sometimes I Wonder If You Have A Heart” ci vengono servite solari parentesi twee-pop, essenziali composizioni elettro-pop, in un tripudio di istintive melodie rigorosamente presentate in tenuta ‘low-fi’.
E se chitarrine ed inserti di tromba vi riporteranno alla mente i tempi in cui Isobel Campbell strappava il microfono a Stuart Murdoch, in quella che era l’alba dell’avventura con i Belle & Sebastian, quando l’immancabile pianola da discount conquisterà l’intera scena vi sembrerà di trovarvi al cospetto di demo trafugati a Stereolab o Au Revoir Simone (“Angry Girl”, “Army Of Silent Kids”).
Se dopo aver letto questa recensione, avete segnato su un post-it il nome di questa ennesima sorpresa made in Scandinavia, assicuratevi che quel maledetto fogliettino appiccicoso non vada perso, Soda Fountain Rag promette di regalarci piacevoli sorprese in un futuro decisamente prossimo, sarebbe un errore perderne le tracce.