Sono assolutamente convinta che la sovrabbondanza di uscite discografiche produca una dispersione dell’attenzione e che a causa di questa enorme disponibilità di musica siamo tutti portati ad essere sempre più selettivi e forse anche un po’ spietati, per riuscire districarci nel mare di proposte in cui rischiamo di annegare.
Io poi, lo ammetto, sono un po’ fissata.
Quando si tratta di musica cerco sempre di trovare qualcosa di non convenzionale, qualcosa di mai sentito prima. A volte ci riesco: ci sono pezzi che fin dalla prima nota mi colpiscono dritto al cuore come un raggio di luce dopo il buio della notte e allora realizzo che ci sono altri mondi da scoprire, altre dimensioni, altre emozioni che non credevo possibili.
Queste però sono rare eccezioni.
Nella norma ci sono comunque album molto validi e album di cui nessuno sentirebbe (o dovrebbe sentire) il bisogno.
Per esempio: prendete un po’ di chitarre vagamente shoegaze, un po’ di tastiere e una batteria giusto per tenere il ritmo, scrivete dei testi melensi e ordinari su relazioni fallite e amori impossibili, cantate con voce stranita e sofferente per esprimere tutto il vostro malessere esistenziale ed ecco bell’e pronto un album che si potrebbe intitolare”… uhm, vediamo”…. “This Atom Heart Of Ours”.
Pubblicato per la Louisville, è l’ultima fatica dei Naked Lunch, band austriaca dalle alterne vicende, attiva fin dal 1991, che però, nonostante il nome preso dal romanzo di Burroughs, non ha proprio niente di trasgressivo. E infatti hanno sfornato una serie di brani indistinti e senza personalità , un album piatto, monotono, senza guizzi vitali che non comunica nessuna emozione. Sono stata troppo dura? Basta guardare il video del singolo, “Military Of The Heart”, per capire che si stanno annoiando anche i membri della band!
Gli episodi più significativi sono quelli in cui tornano alla mente altri gruppi, in special modo i Notwist (pare che abbiano in comune il produttore): basti ascoltare “My Country Girl” o “Waterfall”, un mix fra le atmosfere folkeggianti degli Shins e i Notwist oppure “The Tower”, brevissima ballata alla Sparklehorse o “In The End”, la traccia di chiusura che fa ripensare ai gloriosi Eels.
Nel complesso comunque un album decisamente noioso, 10 tracce che si confondono senza riuscire veramente a spiccare una sull’altra.
Nulla riesce a riscattare questo disco: nè gli arrangiamenti, banali e confusi, nè i virtuosismi strumentistici evidentemente inesistenti, nè la voce monocorde del cantante, nè i testi: “I madly climb the highest mountain / and swim the deepest ocean / only to be with you” (“…dov’è che l’ho già sentito?) o ancora: “Cause i know how it feels to be down on my knees“; un teenager in piena crisi ormonale avrebbe fatto di meglio.
“And if everything falls down there is one thing you should know
My arms will hold you in the end
You will forgive me in the end
My love will find you in the end”
Oh mio dio”… credo proprio di no!!!
Credit Foto: Chris W. Braunschweiger, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons