>Forse che con la verginità è stata persa la chiave di tutto? Forse che, cadendo da cavallo, è andato smarrito il senso? Cuori malati, amori malati: vortice che tutto assorbe, spingendo sempre più giù, fino al disgusto stesso dell’esistenza. Dove è andata la vita? Dove sono sepolti dunque i ricordi? Le onde del destino hanno forse sottratto a Kazu il sacro fuoco della creazione? Rinchiusa nel suo letto, ha dovuto contemplare la lentezza dei giorni, una dolce morte che l’ha portata a sperimentare su se stessa la linfa vitale degli altri. Una volta uscita di casa però ha pianto, trovando infine, nella decadenza stessa, una difesa dagli sguardi gelidi dei passanti e dal freddo dei cuori; e, insieme a Simone ed Amedeo Pace, ha abbandonato il pianto autistico di quei giorni riuscendo, nel lasso di tempo di tre anni, ad incanalare tutta l’energia cinetica della sua forzata immobilità in 10 melodie ammalianti e propulsive, che l’hanno riportata a prima dell’incidente (Melody Of A Certain Damaged Lemons, 2000).
Alla ri-nascita hanno contribuito anche Chris Coady (Yeah Yeah Yeah, TV On The Radio) in fase di masterizzazione e Alan Moulder (My Bloody Valentine, Killers, Nine Inch Nails) e Rich Coastey (Franz Ferdinand, Muse, Bloc Party) per il mixaggio: l’autoproduzione stessa è stata una scelta faticosa, ma che alla fine ha pagato. Adesso, la voce di Kazu si adagia sulle canzoni, leggera eppure corporea come quando si stende nuda sulle lenzuola; sorretta dalla chitarra di Amedeo e dalla batteria di Simone – ma anche da un uso più consapevole dell’elettronica e di strumenti meno tradizionali come il corno da caccia (“SW”) – si inerpica in lunghe cavalcate elettriche, cambi di tempo e distorsioni; trovando un particolare equilibrio tra noise e post-rock, sulla falsariga dei Giardini di Mirò (“23”).
Naturalmente, il suo volto porta ancora i segni – le lacrime, i tagli! – la nostalgia e la malinconia dell’inferno che ha passato (Mysery Is A Butterfly, 2004), ma adesso non si può fare a meno di cogliere, nei suoi occhi, un bagliore di meraviglia e di rinnovata energia.
La sua stessa voce diventa così strumento che la porta lontano dal limbo; i suoi sussurri, fremiti, sussulti dell’animo e del corpo e persino l’incedere ansimante del suo respiro (“The Dress”) riescono ora ad evocare la passione più vera, per ciò che non si ha più, per chi è andato via con una valigia in mano, senza salutare.