Ho iniziato a vagare attraverso le corsie elettriche costruite da Verity Susman ed Emma Gaze nel 2004, grazie a ” The Power Out “, secondo albo della band di Brighton.
Fu, fin dall’inizio, un’esperienza meravigliosa e stupefacente vagare tra quell’esperanto linguistico e musicale composto da testi di Nietzsche, liriche in spagnolo, cavalcate Kraut, primitive dissonanze tra garage e post-rock, avvolgenti trame d’organo, multiforme grazia melodica e spirito pop, perfino nicchie post-electro-clash.
Un album, insomma, che debordava d’arte creativa in ogni suo solco.
Presa familiarità con quei territori, andando a ritroso recuperai anche ” Rock It The Moon ” ( 2001 ), esordio solo più grezzo del secondo lavoro ma comunque incredibilmente bello ( ” Film Music ” e ” Blue Straggler ” restano due dei pezzi migliori mai composti dall’ensemble britannico ).
” Axes ” ( 2005 ) gettava altro materiale sul fuoco del rock indipendente contemporaneo, mettendo alla berlina una band che sembraVA voler abbandonare la forma canzone ““ dilatata, multiforme ed onnivora d’accordo, ma ad ogni modo ben definita nella discografia delle Electrelane ““ per farla confluire in esplosivi e frastagliate suite vicine all’improvvisazione.
Forse più ostico dei precedenti, lo scuro dis-equilibrio rock di ” Axes ” apriva un varco verso quest’ultimo ” No Shout, No Calls “, che era lecito attendersi degno successore di cotanta urgenza drammatica.
Au contraire, così non è.
Registrato a Berlino durante i mondiali di calcio dello scorso anno, ” No Shout, No Calls ” rivendica invece l’identità più pop del gruppo, la propria attitudine a cucire melodie dlicate su frammenti ritmici profondamente imbevuti di Krautrock. Assieme a questa ennesima sterzata, le corsie elettriche traggono nuovamente linfa dalle liriche, a differenza del precedente stavolta assai presenti con lo scopo ““ ammette la Susman ““ di ” dare una maggiore personalità all’album ” e di riflettere il mood entusiastico vissuto nell’esperienza berlinese.
E’ l’iniziale ” The Greater Times ” a confermare che il ” mood ” scelto lascia immutato il fascino delle Electrelane: magniloquente ed epica la musica segue le linee dettate dalla voce della Susman, che riesce ad ottenere un effetto insieme denso e rarefatto. La successiva ” To The East ” risplende cangiante specchiandosi nelle oscurità del passato, mentre ” After The Call ” parte in modo sommesso per innalzare volte di chitarre ipnotiche.
La traccia numero quattro ” Tram 21 ” ribolle di atmosfere che incrociano trasversalmente Stereolab e Neu!, grazie all’organo Farfisa e all’incedere ripetitivo di coretti suadenti; ” In Berlin ” ed ” At Sea ” affidano l’estasi al piano ed ad impennate krautpop, laddove ” Between The Wolf And The Dog ” e ” Five ” risolvono i conti col passato strumentale assurgendo selvaggiamente ad anthem rock nervosi e spacey.
L’immagine più emblematica di questo nuovo tassello del mosaico Electrelane ci viene però offerto da ” Cut And Run “, deliziosa ballatina pop per ukulele e tamburello che accompagna l’ascoltatore verso i sentieri notturni della conclusiva ” The Lighthouse “. Bravissime, come e più del solito.