L’insostenibile (a volte) leggerezza del pop.
Non vi pesa a volte la leggerezza del pop? (che sia Indie o meno poco importa)
A me si, fatico sempre più a trovare album pop di spessore, ma che rimangano comunque pop.
“Gunging Up On The Sun” è uno di questi, non ci sono grandi antefatti semantici dietro all’ultimo lavoro dei Guster, solo tanta melodia, intrecci chitarristici leggeri e veloci e tanto sano Pop.
I Guster sono una vera e propria band di culto. Non li avete mai sentiti? Nulla di strano, è normale, visto che si tratta di un culto geolocalizzato nella costa orientale degli States. I Guster devono il loro successo ad un periodo particolarmente prolifico, alla fine degli anni ’90, e ad uno zoccolo di pubblico molto duro, attivo su internet e costante nel tempo.
I Guster, veterani della scena indie (calcano gli stessi palchi già dal 1993) sono abili compositori di catchy songs, veloci e piacevoli e mostrano raramente il fianco a banalità e scontatezze. Mandolino e steel guitar, seppur dosati con cautela, sono gli elementi che non t’aspetti da un gruppo natio del Massachusetts. Il paese natale è presto abbandonato in favore del college di Boston, lì si presentano con chitarra acustica e bongo, ma presto il loro sound si plasma su chitarre, melodie semplici e ruffiane, piano, organo e sulle voci di Ryan Miller e Adam Gardner.
I riferimenti sonori sono pochi ma precisi, inquadrano bene le coordinate entro cui si muove il gruppo. In One Man Wercking Machine e Ruby Falls (con uno spiazzante assolo di sax finale), elettronica e sonorità sospese rimandano inequivocabilmente ai Flaming Lips periodo The Soft Bullettin. C’mon è decisamente un gioiello rubato alla corona dei Nada Surf. Durante tutto il disco si respira un’aria rarefatta già ascoltata nei lavori dei My Morning Jacket (ennesimo rimando a qualcosa di Southern, evidentemente non sono tutte casualità ). E Satellite, bè Satellite ascoltatela…
Gunging Up On The Sun è il disco definitivo del gruppo, direi anche il più solare che ho ascoltato in questa metà 2007. Freschezza, ritmi incalzanti spizzicati, e sonorità vintage conferiscono al disco un appeal degno di nota, pur rimanendo entro i confini del disimpegno totale. Da ascoltare con i finestrini abbassati e il gomito di fuori.
Per maniaco-depressivi, rassegnati alla penuria di uscite, tipiche del periodo estivo: vi ricrederete!
Recensione dei Guster precedentemente pubblicata su Indie Riviera
|