Non ho mai ben capito che cosa fosse la generazione X. Non so neanche se io faccio parte di questa cavolo di generazione X. So solamente che mi sarebbe piaciuto vivere dalle parti di Seattle negli anni novanta e respirare un bel po’ di metallo stridente, rabbia e fumi alcolici. Non mi lamento comunque perchè pur avendo passato quegli anni in abruzzo a giocare a pallone come neanche ronaldo ai bei tempi e a fare il teppista in motorino non mi sono perso l’ondata di rabbia che avanzava. Nella vita attualmente ho poche certezze ma una di queste è sicuramente che gli Smashing Pumpkins non saranno mai ricordati per “Zeitgeist”.
Passo indietro ancora una volta. Da bambino guardavo la televisione e tra holly e benji e bim bum bam giravo su altri canali e ogni tanto beccavo una canzone chiamata “Disarm” che mi piaceva proprio, in mezzo c’aveva pure le campane. Poi alla veneranda età di quindici anni è successo tipo che sono andato da mio padre e gli ho detto “Papà allungami tutta la paghetta del mese in anticipo che c’è uno che somiglia allo zio fester e dice che il mondo è un vampiro e sembra proprio uno incazzato e la canzone è fighissima e….“. Da lì anche per me nonostante la mia rabbia a volte continuavo a sentirmi un topo in gabbia, ma ero contento perchè avevo scoperto un gruppo che brillava a 360 gradi. Ok, intro fatta, passiamo ad oggi. Passiamo ad un buon album ma niente di più. Buoni spunti chitarristici (ma che Billy sapesse suonare la chitarra ce n’eravamo accorti nel corso degli anni), Chamberlain è sembre un bel pestone e non perde mai un colpo, però… . Il però qui è grosso come una casa. Il però racchiude il fatto che c’era un tempo ben preciso per cantare certe frustrazioni in un certo modo e tutto si incastrava a meraviglia. Tutto sembrava perfetto quando “1979” faceva venir voglia anche a me di esser nato qualche anno prima tanto era bella e tanto suonava in accordo con l’universo. Sono passati gli anni in cui ogni canzone di “Adore” si squagliava sulla pelle con tutta la sua malinconia da tramonto invernale e ti portava via, cullandoti fino a che non ti addormentavi.
In “Zeitgeist” manca D’Arcy, manca la controfigura di Recoba nata con la chitarra in mano e manca anche un po’ una produzine che affondi quando necessario fino al midollo osseo (esempio: Zero-Mellon Collie) o che dissolva in polvere ogni briciolo di aspettativa raggiante (esempio: Form Marta-Adore). Tutto molto suonato qui e piuttosto bene. Tutto stilisticamente inattaccabile eppure si fa fatica ad arrivare alla fine e rimanere soddisfatti come era soliti fare con “Siamese Dream”. Il confronto non regge.
Buona Billy, non vediamo l’ora di vederti di nuovo su un palco (però forse più per ascoltare di nuovo dalla tua voce che il mondo è un vampiro).