Che te lo dico a fare, sarà capitato anche a te qualche volta di perdere terreno. Di nasconderti ed arretrare finchè l’ultimo passo ti è smorzato proprio dal muro dietro di te, già inchiodato con le spalle alla parete.
Sarà capitato anche a te di esser stato una figura propedeutica nella vita di qualcuno: “Hei, se ce l’ha fatta quello lì, figurati cosa posso fare io!”.
Sarà in quel momento che ti ricorderai di quel cazzo di asso che hai ancora nella manica. Sarà allora che ti ritornerà in mente questa recensione e il brano che, in un impeto di condivisione, ti ho lasciato in eredità . Cerca bene, ce l’hai lì, in quella compilation nel cruscotto, è proprio lei: Firewheel.
No, non è esattamente la Smell Like A Teen Spirit del nuovo millennio, non ti darà certo la forza di spaccare qualche muso, non è nello spirito di un gruppo norvegese come i Washington. Ma, hai presente il volo della fenice? Quello ti riuscirà facile come una corsa sul lungo mare, volume a palla e vetri abbassati.
Non perdo troppo tempo a dire che par di sentire i Travis nati ad Austin o i Wilco emigrati in Norvegia. Non voglio dilungarmi nel descrivere canzoni che di fatto, da Firewheel ad Astral Sky, fino alla conclusiva I Lost My Way, sono una più bella dell’altra. Il trio norvegese ha la freschezza di un chiosco d’anguria in piazza del Duomo a Milano il giorno di ferragosto.
Voglio invece lasciarvi con un’aneddoto, ma terrò i protagonisti anonimi. Un mio amico s’è ascoltato l’esordio dei Washington, giù al negozio di dischi, almeno 10 volte. Mai preso e oggi non c’è più. Poi è uscito il bis (l’Astral Sky di cui sopra) e boom, stregato e subito acquistato. Ho provato… pardon, il mio amico, ha riprovato a reperie su Amazon anche l’esordio New Order Rising, ma ora viene la bellezza di 30 testoni.
Morale: che tu stia con le spalle al muro oppure no, non fa niente, compralo lo stesso, in futuro potrebbe costare il doppio!
Recensione dei Washington precedentemente pubblicata su IndieRiviera
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