Ricordo con fastidio quando un mio vecchio cane, il mitico Fritz, si divertiva a giocare con quei pupazzetti di gomma dotati di quella squillante trombetta interna che, alla pressione, dava sfogo ad un orribile squittio. Ecco, ad ogni morso di Fritz quei pupazzi emettevano l’insopportabile suono di cui sopra fin quando del gioco non rimanevano che brandelli sparsi per la casa. Mai avrei immaginato di ritrovare quel suono in un disco, e invece alla traccia numero due eccolo emergere in tutto il suo fulgore.
Ora, va bene che i Psapp si divertono a giocare con gli strumenti e con l’elettronica, arricchendo i loro brani con suoni improbabili, ma qui hanno forse esagerato, o per lo meno mi hanno fatto un torto, riportandomi alla mente quel fastidio domestico. “Tiger, My Friend” non è altro che la riedizione della Domino di un disco del 2004 edito dalla piccola etichetta Leaf e, a parte certe esagerazioni, è un buon disco.
Avvalersi della voce calda e elegante di Carim Classman giova molto nella riuscita finale di brani agrodolci che a volta si prendono gioco di se stessi. Queste canzoni sembrano recuperate da vecchi carillon pieni di polvere scovati in soffitta e arricchite da qualche strumentazione classica, elettronica minimale e qualche trovata bizzarra. Folktronica, indietronica o qualunque cosa che finisca con tronica, questo lavoro va ad inserirsi precisamente in quel filone che vede i Psapp in compagnia dei Tunng e gli ultimi Mùm (prima o poi di questo passo, vedremo band che si chiameranno Boong Stang e Proot), che forse alla lunga risulta un poco fine a se stesso e difficilmente rinnovabile nella forma.
Sono certo che prima o poi ci stancheremo di queste sonorità che ad un battito elettronico spesso alternano un tintinnare di bottiglie di vetro o, come in questo caso, il miagolio di non saprei precisamente quale cucciolo. Sono esagerazioni che nulla aggiungono ai brani e che anzi sanno un poco di presa per i fondelli, o quantomeno di forzatura stilistica. Meglio, molto meglio quando ci si affida semplicemente alla voce e ad una forma canzone più quadrata vicina a quel folk sintetico e artigianale di molte produzioni del genere.
P.S. ringrazio sentitamente Simona per l’aiuto fornitomi nel cercare la parola più adatta per definire quella fastidiosa trombetta squillante dei pupazzetti di gomma.