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Innanzi tutto bisogna complimentarsi con Kelly Dyson per aver trovato un nome così semplice eppure così geniale al suo progetto, Low Low Low La La La Love Love Love: più che un nome, uno scioglilingua. Di seguito procediamo ad esaminare il disco in questione, “Ends Of June”, secondo lavoro per questo gruppo d’inglesi trapiantati in America presso l’etichetta indipendente Other Elettricities. Ad un primo ascolto si può facilmente intuire che l’America, oltre ad aver offerto loro un contratto, sia anche la patria più affine per spiritualità e sensibilità ai Low La Love (non ho proprio voglio di scrivere il nome per intero e credo che neppure voi abbiate voglia di leggerlo): un gusto pop molto obliquo ed indie (vengono in mente i compianti Luna per esempio), armonie vocali molto sixties (Beach Boys su tutti) ed una patina folk che aleggia per tutto il disco. Come avrete notato dai rimandi questo non è un disco troppo originale, anzi se vogliamo suona volutamente abbastanza datato: questo è il suo più grosso difetto. Non è un disco brutto, si fa ascoltare con piacere eppure pare troppo spesso terribilmente già sentito. Prendete un pezzo come “Believer”: è sicuramente ottimo, emozionante e ben fatto eppure non vi uscirà dalla testa quella fastidiosa sensazione che vi spinge a domandarvi a cosa assomiglia. Lo stesso discorso vale per “Iron In The Soul”, ma qui vi posso rispondere io: assomiglia in maniera imbarazzante ad “A Horse With No Name” degli America. E stiamo parlando di due delle canzoni migliori del lotto”… Immaginate dunque le altre: un tenue alternarsi di percussioni e chitarre acustiche, un cantato sempre molto malinconico (forse addirittura melenso) ed a stupire ogni tanto l’inserto di qualche strumento un poco meno convenzionale. Certo l’apripista “The Way You Play” è affascinante e polverosa, “Black Black Window” ricorda i primi meravigliosi Sparklehorse (e ciò non può che farci piacere), “Happiness At The New Day” declina tristezza ed inesorabilità come in pochi sanno fare ed anche “Goodnight Luisa” non è male, forse l’unico brano a far spuntare un sorriso sulle labbra”… Però nessuno di questi basta ad elevare questo disco oltre la sufficienza (il song-writing mostra buone carte, ma ancora pecca e tanto in freschezza): chiaro che vi saranno molti che rimarranno più che soddisfatti e non si può dargli torto”… Basta accontentarsi. |
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