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Da qualche parte avevo letto che quando si trova una ragazza bisognerebbe avere sempre un amico pronto a farci notare quando cadiamo nei comportamenti patetici tipici degli innamorati. Ecco, se io potessi scegliere, per questo compito vorrei Eddie Argos degli Art Brut. Uno che apre il suo secondo disco con un pezzo dove si chiede se sia poi così sbagliato interrompere un bacio per alzare il volume di una pop song. Uno che con quell’aspetto da Elio e le storie tese dell’indie rock sa sempre stupirti con la frase ironica che ti strappa un sorriso e intanto dà lezioni di stile e di understatement in una dozzina di parole. E’ facile chiedersi per quante canzoni di questo disco valga la pena interrompere un bacio. La risposta non è delle più confortanti per gli Art Brut: potrebbe essere positiva in quegli episodi dove riescono a unire il gusto melodico dei riff con l’andatura scazzata eppure musicale della voce, sempre sul filo del rasoio tra cantato e parlato. Come nella opening track “Pump Up the Volume”, nell’inno cinico-romantico “People in Love”, nell’attacco powerpop di “Post Soothing Out”. Questo connubio non scatta nella maggior parte degli altri episodi, persi tra vuoti clichè chitarristici e un sound punk-rock che conserva un sapore ruvido e autoironico ma non trova mai una vera personalità ; rimane l’opzione di spulciare nei testi alla ricerca di un motivo valido per non saltare alla traccia seguente. Abbandonata l’esuberanza di chi aveva scoperto il rock&roll e voleva scrivere la canzone che avrebbe fatto andare d’accordo Israele e Palestina, come cantava in “Formed a Band”, giunto al secondo album Argos sembrerebbe accontentarsi di cercare una soundtrack sufficientemente intelligente per la sua vita quotidiana, quella dove every day is just like starting over (“Post Soothing Out”). Ma il suo indubbio wit di autore non sempre basta a garantire canzoni in grado di durare nelle nostre teste più a lungo delle piccole storie che tutti ci portiamo dietro. |
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