[ratings]
La Minneapolis degli anni ’80 ha fatto regali preziosissimi ai fan del rock: Husker Du, Replacements, Soul Asylum. Ha fatto un regalo preziosissimo anche a chi dal rock se ne stava un po’ fuori. Prince è probabilmente, e non siamo particolarmente originali nel dirlo, uno degli artisti che meglio hanno saputo concepire le vie di fuga da una musica che chiedeva una palingenesi, senza rinnegarla manco per un minuto ed aggiornando le tecniche produttive e soprattutto promozionali. Detto dell’importanza, parliamo del tributo. Esce per Rapster, ha una copertina a metà tra postpunk2.0, psichedelia e black music. Dentro c’è un roster di artisti pescati in ogni branca dell’elettronica moderna, impegnati a tributare Prince piegandone i pezzi alle proprie soluzioni estetiche, con il risultato finale (non tanto diverso da qualsiasi altra cover di Prince si siano sentite) di uscire piuttosto malridotti dal confronto. La classe c’è, ovviamente: D’Angelo non è una mezzasega, insomma, e in generale il livello degli autori è assolutamente alto. è che la musica di Prince, bontà sua, funziona più nei dischi di Prince, o al limite come termine di paragone e/o antenato ideologico, e spacca per la sobrietà dell’insieme. Sovrastrutture aggiunte, e stravolgimenti di sorta, non premiano moltissimo il risultato. Per un gioco di dirette conseguenze e/o paradossi, allora, funziona molto di più un gruppo spersonalizzato e camaleontico come Soulwax, col suo solito gioco al ribasso tecnicamente ineccepibile che gli consente di portare a casa un quasi-pareggio con una “Starfish & Coffee” dal sapore mitteleuropeo. D’altra parte perdere è un po’ il senso chiave, in un tributo”… 🙂 |
||||||
|