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Di solito non mi piace scrivere di argomenti musicali mettendo troppo in evidenza le vicende personali dell’artista rispetto alla sua stessa arte. In questo caso però l’artista non conduce una esistenza all’insegna dell’autodistruzione. Non ci troviamo di fronte al solito binomio (di solito pompatissimo dalla stampa) vita malsana/musica maledetta. Lee Barker, ovvero il signor Little Name, vive da otto anni isolato in casa, giacchè soffre di terribili crisi di panico e di insostenibili stati ansiogeni. Ma “How To Swim And Live” (interamente registrato tra le mura domestiche) non è un disco drammaticamente teso o particolarmente nevrotico come mi sarei aspettato apprendendo questa sfortunata vicenda. Vivere così in fondo è, senza offendere chi si ritrova a combattere contro un terribile male di natura fisica, come essere menomati a tutti gli effetti. Già “…non è facile per niente. Eppure le canzoni dell’album sono tenere, gioiose (di quella gioia vera, cioè non debordante, ma velata di una sottile tristezza che quindi la rende ancora più autentica), d’altronde inevitabilmente nostalgiche. Lee (voce alla Roger Waters -!- e pose alla Stephen Merritt, solo con un atteggiamento ancora più introverso) è un valido discepolo del pop di Belle & Sebastien, o anche degli Smiths se vogliamo. Non solo si intuisce ciò già dopo un paio di ascolti, ma lo stesso musicista conferma queste influenze nel suo sito, aggiungendoci quella di Burt Bacharach e dei Camera Obscura. La iniziale “For The Attention Of ” è già programmatica dello stile Little Name: agili pennate, ritmi quasi ballabili, un motivo di tromba teneramente grottesco e un modo di cantare tra crooning austero e pavido sussurrare. Come nuotare e vivere. Come stare immobili e nonostante tutto vivere. E poi volare, amare, essere normali. |
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