Nel 1819, Thèodore Gèricault, da buon pittore romantico del suo tempo, dipinse “La zattera della Medusa”, uno di quei dipinti che al liceo rientrano in quelli “da imparare a memoria” per data, collocazione, autore. La scena rappresentava il tragico naufragio su una zattera dell’equipaggio francese della nave “Medusa”, diretta in Senegal, la quale andò incontro a tredici giorni di navigazione e portò pochissimi sopravvissuti. I colori della tela sono cupi e la luce sottolinea la tragicità del momento.
E qui entrano in ballo i nostri svedesi Envelopes e il loro secondo album “Here comes the wind”.
Questo porta una copertina degna del miglior pittore romantico. Una nave che combatte contro la tempesta, incorniciata in un riquadro nero, sul quale svetta lo “stemma” degli Envelopes.
Ma cosa c’entra questo con l’indiepop e la Svezia?
Questa è la domanda che sorge spontanea.
E invece, c’entra eccome. Spiego.
Gli Envelopes, sono gli svedesi meno svedesi, tra tutti gli svedesi.
Il loro non è semplice twee-pop, io ci vedo una maggiore ricerca strumentale dietro, un suono più completo, che non si ferma all’orecchiabilità , ma cerca di coinvolgerci in pieno.
Del tipo: ok, siamo svedesi, ma vi proponiamo l’evoluzione dell’indie-pop.
E da qui questa inusuale copertina. Forse.
Ci sono brani più frizzanti e prettamente pop, direttamente sulla scia del loro precedente album “Demon”, vedi il singolo “Freejazz”, “Boat”o “I’m In Love And I Don’t Care Who Knows It”, che richiamano alla mente Architecture in Helsinki e Los Campesinos! per i suoni allegri e ritmati, ottimali per la festa di inzio primavera.
E poi ci sono i brani per cui credo valga davvero la pena d’ascoltare questo disco.
A Partire dalla traccia d’apertura “Party”.
Un basso che il resto degli svedesi se lo scordano. Un basso che fa così tanto Pixies. Deliziato dalla voce della francesina Audrey Pic.
Tra il dolce e l’amaro. E “Heaven” di conseguenza.
“Smoke In The Desert Eating The Sand Hide In The Grass” è la traccia migliore del disco.
O forse in assoluto degli Envelopes. Potrebbe essere una cover dei Talking Heads, potrebbe stare su un disco che non ha nulla a che vedere con l’indiepop. La chiave per far giungere il disco ad ascolti più allargati (anche se qualche assolo di chitarra è forse di troppo”…).
I Talking Heads si fanno risentire anche negli accordi di “I’d Like To C U”, anche se la stessa viene contaminata di quel pop che basta qua e là per lasciar trasparire un senso di gioia comune.
E in chiusura “Seawise”, dove spicca la bella voce di Audrey che accompagna gli accordi di chitarra e basso, ormai diventati segno di riconoscimento per gli Envelopes.
Non è un album cupo, ma nemmeno necessariamente felice.
Credo sia proprio questa la sua qualità .
|