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In Svezia hanno coperto l’erba con l’asfalto, hanno inquinato l’aria e scacciato tutti gli uccelli cinguettanti, hanno oscurato l’alba e preferito l’odore di gomma bruciata. Una volta tanto non c’è nessuno che batte le mani al tempo di un ritornello zuccheroso, non c’è nessun gruppo di amici fricchettoni che suona strumenti giocattolo e che fischietta in bicicletta. Qui sembra di essere da un’altra parte, magari nella Manchester di fine anni ’70 quando i Joy Division muovevano i primi passi, oppure a Northampton, sempre nello stesso periodo, dove erano di casa i Bauhaus. I Paper sembrano vecchi di quasi trent’anni ma non è un male perchè, a differenza dei contemporanei Interpol, si preoccupano poco di attualizzare un suono che tutto sommato non è invecchiato male. I brani di “An Object” si muovono su quegli stessi territori sintetici, pieni di tastiere e di atmosfere claustrofobiche, cupe e dark. Certo, se come me vi girate verso il vostro scaffale dei dischi e vi fermate ad osservare gli album dei Joy Division e dei Cure che conservate gelosamente da anni, ascoltando queste canzoni qualcosa inizia a stridere e inizierete a chiedervi il perchè di certe operazioni discografiche. In definitva non è un peccato mortale avvicinarsi a certi suoni che sono carta conosciuta ma, di tanto in tanto, è piacevole ritrovare anche in una band contemporanea. Sperando poi che certe cose si fermino qui, ad episodi sporadici e che non sfocino in un filone che nascerebbe comunque col fiato corto e le ore contate. In fondo siamo nel 2008 e non nel 1980. |
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