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Arriva anche in Italia l’album d’esordio di Morgan Page, giovane dj e produttore proveniente dall’America più rurale (Vermont) quotatissimo e vendutissimo in patria e oltre-Manica: il disco contiene i singoli ed i remix che l’hanno portato al successo e qualche inedito sempre basato sulla sperimentata formula battito house, raffinatezza soul pop e vocals molto leziosi. Detta così sembrerà bruttino, ma invece pezzi buoni ce ne sono, purtroppo si sente una disomogeneità di fondo ed anche uno sforzo enorme ed irritante per cercare di piacere a tutti i costi. Per esempio il singolo trainante e brano d’apertura “The Longest Road” ha un groove decisamente assassino (quasi ricorda i M.A.N.D.Y. più romantici) ed anche la parte vocale di “Lissie” non è affatto male, giusto quell’arpeggio ripetuto è troppo stucchevole e soprattutto non ci sta per nulla (alla fine del disco è presenta anche un remix irresistibile e grandiosamente massiccio ad opera del canadese Deadmau5). Morgan viene affiancato da Tyler James nella seconda traccia, “Call My Name”, ma, nonostante la profonda la sintonia tra i due, il lavoro di Page (una sorta di indietronica molto danzereccia) è decisamente abbruttito dal cantato eccessivamente mieloso. Comunque i brani autografi finiscono subito e neppure convincono troppo a parte la già citata The “Longest Road” (ottima anche la cassa quasi dritta che guida “Fade Away”), il resto dell’album è composto dai remix che hanno appunto reso famoso Morgan Page: eccezionale “Fuck Was I” di Jenny Owen Youngs, ma ancora meglio “Maneater” di Nelly Furtado trasformata in un inno techno da dancefloor insieme alla precedente e molto electro “Dirty Laundry”. “Angelicus” è una delle vette del disco, veramente da ballare tutta la notte. Magari vi capiterà di ballare molte di queste tracce e, credetemi, poteva anche andarvi peggio, ma il disco lasciatelo stare ed andate a fare un giretto sul sito di Morgan Page nel quale trovate altrettanti pezzi (e soprattutto remix) godibili. | ||||||
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