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Un giorno di questi prendo il mio coniglio, il mio paio di jeans preferiti, mi metto su una barca a remi e vado in Australia. Non appena arrivato in Australia con la barca a remi, dopo che nel frattempo sono morto e risorto tre volte, la prima cosa che faccio è piantare un fiore nella sabbia dell’Outback. Lo pianto in nome del flower power, della pace e della granita al cocco. Una volta che non ho più un cazzo di niente da fare vorrei andarmene in giro e assaggiare un po’ che sapore ha l’aria da quelle parti. magari saltellando qua e là come un marsupiale impazzito, con dentro le orecchie aussie rock music di origine controllata, sperduta e illuminata. Magari nelle orecchie non avrò i Vines ma questi (ben più interessanti) Dolly Rocker Movement: al secondo disco presentano un riuscito incrocio di musica pop mescolato bene a un rimando continuo a certe atmosfere iù ès èi anni settanta ancora molto free sex. Gioco del chi somiglia a chi? Ok. Allora diciamo che mentre il debut della band era più una sorta di mini incubo shoegazer garage e psichedelico annebbiato dai fumi dell’alcool, “A Purple Journey…” è più lucido e sembra quasi un disco dei Verve che suonano e cantano roba dei Velvet Underground. Niente male eh? Niente male infatti, soprattutto considerando che negli ultimi tempi la famiglia dei gruppi psichedelici e sperimentali come i Dolly Rocker Movement, si sta allargando su Myspace in modo positivamente preoccupante. Ma uno può essere positivamente preoccupato? Non lo so, però questi qui che riempiono un po’ di più le atmosfere forse a volte troppo ruvide e dirette dei 22-20’s e che escono la sera con i Black Angels, fanno la loro bella figura. Spuntano i Doors e l’organo e le candele e… poi mi sveglio mezzo squagliato nell’Outback completamente down under anche negli organi interni e quasi non ci credo. Afferro per le orecchie il coniglio e gli dico “Stai a guardare molto attentamente, caro”, poi prendo la pala e comincio a scavare un tunnel che mi riporterà a Forlì. |
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