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Parliamoci francamente: nonostante siate dei seduttori impenitenti, nel caso vi trovaste dinanzi a Scarlett Johansson comincereste a balbettare sudando sette camicie cercando la frase più intelligente dell’universo pur di riuscire ad attaccare bottone con la diva hollywoodiana. Realisticamente parlando avete lo 0,01% di possibilità che non vi fulmini sdegnosamente col suo sguardo, etichettandovi come degli arrapati dell’ultima ora. Sarà allora, in quel fatale momento, che con la stessa provvidenziale precisione di un gol di tacco al novantacinquesimo minuto vi ricorderete di quella recensione letta svogliatamente chissà dove e che diceva che tra i cantanti preferiti di Scarlett c’è proprio Freddie Stevenson. A questo punto è probabile che inizierete a discorrere su come il cantautore londinese inanelli una gustosa sequela di ballate imbevute di rock vecchia maniera, robuste canzoni di circolare orecchiabilità , grintosamente votate a colorare il pentagramma con pregevoli passaggi filtrati attraverso un gioco corale dove chitarre elettro-acustiche, pianoforti, percussioni, organetti ed eleganti arrangiamenti profumino di piacevolezza l’aria stantia che aleggia attorno allo stereo. Disco tutt’altro che indimenticabile, ha però dalla sua la pretesa di non tradire l’ascoltatore, di non portarlo a sperdersi nei meandri talvolta incompresibili dello sperimentalismo modaiolo che ingolfa le orecchie del cultore musicale curioso ed avido di sane ballate chitarristiche. Cosa di non poco conto, almeno per il sottoscritto. |
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