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E’ incredibile: a 50 anni suonati, dopo 11 album solisti e una carriera sontuosa come leader dei Jam prima e degli Style Council poi, Paul Weller è ancora capace di stupire. Non bastasse il genio di Paul, l’album gode della partecipazione di altri pezzi da novanta. A partire dal Re di Canterbury Robert Wyatt, che collabora a “Song For Alice”, dedicata alla da poco scomparsa moglie di John Coltrane, passando per la spiritualità di “God”, cantata dal mitico ex Stone Roses Aziz Ibrahim, al singolo super-oasisiano “Echoes Round The Sun”, che vede il contribuito del sempre devoto Noel Gallagher e dell’altro Oasis Gem Archer. Su tutto il disco, aleggia la mano dell’Ocean Colour Scene Steve Cradock, da sempre chitarrista di Weller, qui anche nelle vesti di co-produttore insieme allo stesso Paul. Il primo dei 22 sogni è “Light Nights”, un’acustica cavalcata che è Weller al 101%, mentre nella successiva titletrack riemerge con forza il roboante spirito dei 60’s, caro tanto al Paul di “Heavy Soul” quanto alle cose migliori degli O.C.S. (il classico “Moseley Shoals”). A partire da “Have You Made Up Your Mind”, si inizia a godere del lato più soul di Sua Maestà Paul: drumming serrato che incrocia delizie melodiche alla chitarra e backing vocals in stile Motown. Applausi. “Cold Moments” prosegue il discorso rock soul, con l’organo hammond che attraversa le atmosfere degli Style Council; “Black River” apre ad una sorta di vaudeville pop di matrice Ray Davies e “Push It Along” spinge sull’acceleratore rock. Più avanti “Echoes Round The Sun” si colora di sincopate tinte psichedeliche, la successiva “One Bright Star” danza in egual modo con il cantautorato inglese e le tradizioni musicali latine e “Lullaby Fur Kunder” rende ariosamente pop il pathos drammatico dei Rachel’s di “Music For Egon Schiele”. Dio benedica Paul Weller. E ce lo mandi, il prima possibile, in tour da queste parti… |
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