Una bella mela matura. Peccato io non creda nella frutta, però ragionando per assurdo una bella mela matura al punto giusto può regalare grandi soddisfazioni alle papille gustative. Che poi nessuno sa bene quando una mela sia matura veramente, o quantomeno nessuno può garantirne il gusto finchè non viene assaggiata. Che poi questa faccenda che non sai se sarà buona o meno finchè non la provi mi ha sempre dato fastidio. Questa è precarietà , incertezza, confusione. Così accade alle rock-band, non avrai mai la certezza della loro bontà finchè non avrai ascoltato il nuovo disco per intero oltre i singoli, oltre il poco che ci offrono le radio.
I Kings Of Leon sono esattamente come quella mela di cui sopra e lo scopriamo ascoltando attentamente questo “Only By The Night”, quarto lavoro che la famiglia Followill (tre fratelli e un cugino) pubblicano in questi giorni. Sono stati sempre un gruppo dal grande singolo e dall’album più che sufficiente, ma una crescita costante ed un percorso che si è andato via via affinando ne stanno facendo qualcosa di più della solita next big thing usa e getta.
In un pianeta musicale tanto crudele, fatto di precarietà e incertezze, dove ti senti come sulle montagne russe, un giorno in cielo e quello seguente all’inferno, questi quattro ragazzi continuano a navigare fieri e col vento in poppa verso l’olimpo del pop. Innanzitutto la voce di Caleb pare aver smorzato alcune asprezze ed aver modulato nuove tonalità che donano alle linee vocali una varietà di timbri inedita. Anche a livello dei suoni l’evoluzione è più che evidente, le canzoni non sono sputate fuori con rabbia ed istinto, ma sono costruite con cura e all’irruenza degli esordi ora si contrappone un andamento che spesso favorisce i tempi medi ma sempre in chiave rock.
Brani come “Crawl” e “Sex On Fire” non sono semplicemente dei singoli schiacciasassi con cui divertirsi ad una festa, sono polvere, sudore e puzzano marcio senza essere troppo grezzi.
C’è calore e sensualità nell’andamento sinuoso della splendida “Closer”, mentre non manca la ballata nutturna (“Reverly”). Un lavoro davvero ben costruito negli arrangiamenti, mai banali, evoluzione di una band che passo dopo passo dimostra di avere parecchie frecce al proprio arco e talento nel saper costruire un brano classico e allo stesso tempo moderno e accativante. La chiusura del disco è affidata alla splendida cavacata elettrica e notturna “Cold Desert”, morbida e avvolgente come una coperta in pieno inverno. E se come si dice in giro dal vivo la band spacca i fondoschiena, se vi capitasse l’occasione di incrociarli su un palco non dovreste tentennare nemmeno un istante e mettere mano al portafogli. Una mela matura al punto giusto può valere un piccolo sacrificio da parte vostra.