L’ultimo album di Squarepusher.
Per alcuni è un evento atteso, per altri (come me) non atteso ma ben accolto. I fan più accaniti di Tom Jenkinson amano tutto ciò che produce, e in non pochi si sono sorbiti live particolari, per non dire pallosi in modo allucinante.
No perchè uno ascolta anni e anni di produzioni di uno dei capisaldi della musica elettronica internazionale, sostanzialmente nella drum ‘n’ bass e acid jazz, e poi magari succede che hai l’occasione di andare a sentire un live e magari non leggi le cose in piccolo e magari succede anche che il live di elettronico non ha proprio nulla e si presenta quest’omino che fa un’ora e mezza di live solo con il suo basso elettrico in pulito. E ovviamente tornando a casa il fan ci ripensa e si convince che dev’essere stato proprio una figata, perchè lui è Squarepusher e Squarepusher è figo, punto.

Ecco io credo che quel tipo di fan accaniti abbiano apprezzato ugualmente “Just A Souvenir”, mentre quelli come me ci sono rimasti male: se in “Hello Everything” (2006) la drum ‘n’ bass è stata messa un po’ da parte, in quest’ultimo LP il percorso si è concluso, accantonando definitivamente un genere per svilupparne un altro, che sa molto di jazz sperimentale, ma anche di punk old school rivisto in chiave elettronica, di Frank Zappa, di noise, di funky, di tutto. Quasi totalmente giocato sulle alte/medie frequenze, con quel sapore di inconcluso che lo rende un lavoro abbastanza originale da un lato, abbastanza mediocre dall’altro.

Intendiamoci: “Just A Souvenir” è un bell’album, superato lo shock iniziale ci si accorge che in realtà  quello che sembrava un lavoro fatto a metà  e di fretta contiene invece pezzi orecchiabili, pezzi sperimentali, e anche spunti di riflessione un po’ più profondi della traccia secca e semplice che fa ondulare la testa a ritmo di beat jazzosi, bassi funky e synths vintage da colonna sonora di polizieschi anni ’70. Diciamo anche che se fosse stato fatto da qualcun altro sarebbe stato molto bello, notevole, rilevante, mentre fatto da Squarepusher è un buon lavoro, ma rimane uno dei suoi tanti album, senza nessun picco di classe, cosa che un po’ ci si aspettava dopo due anni di assenza di uno dei maestri dell’ambiente elettronico.
Riassunto in poche parole: secco, nostalgico, rumoroso, impreciso.

Credit Foto: swimfinfan from Chicago [CC BY-SA 2.0], via Wikimedia Commons