Noi abbiamo sanguinato”… Adesso loro sanguineranno
Manchester. Un lieve rumore, il silenzio appena infranto, la limpida e predestinata decisione di morire e uccidere”… un unico boato, un fragore che squarcia l’aria, poi solo urla e dolore e corpi.
Nessuna Verità “, tratto dal romanzo “Body Of Lies” del giornalista David Ignatius, descrive una parziale visione dell’intervento statunitense nei paesi arabi, in particolar modo in terra irachena; il metodo scelto per l’impresa vede l’occhio critico e affatto indulgente di Ridley Scott posarsi sul binomio tattica e azione, interpretato dalla coppia Crowe ““ Di Caprio. Quest’ultimo è Roger Ferris, abilissimo agente CIA in Medio Oriente, che conduce, sul campo, la caccia al pericoloso terrorista Al-Saleem, responsabile degli attentati in Europa; suo diretto supervisore Russel Crowe ““ nei panni del flemmatico Ed Hoffman ““ lo guida e controlla attraverso satelliti e dispositivi degni di un’intelligenza aliena. Sono diverse le considerazioni riguardo “Nessuna Verità “, necessarie al fine di ottenere un quadro il più possibile corretto e definito.
In primo luogo la storia si sostiene sulla recitazione dei due attori protagonisti, puntando lo sguardo sui relativi personaggi che ricoprono e che determinano il criterio narrativo condotto da Scott, intento ad esporre la letale combinazione dei duplici valori espressi. Tanto Hoffman appare cinico, pragmatico, insensibile, glaciale dall’alto del proprio mondo occidentale, distante anni luce dalla cruda realtà della guerra, quanto Ferris dimostra l’aperto coinvolgimento al conflitto, la latente debolezza nel porsi scrupoli non previsti dalla lotta, l’irruenza rischiosa giustificata dalla personale condizione di appartenenza al combattimento. La rappresentazione non si limita ad un livello puramente teorico, mostrando visivamente la profonda differenza di intervento alla situazione: Hoffman risulta greve, appesantito, levigato, impeccabile nell’abito immacolato, autoritario e deciso nell’auricolare, ferreo e onnisciente dalla tecnologica postazione; al contrario, Ferris esibisce la propria collocazione all’interno della violenza, ostentando lividi e ferite, sangue e sporcizia, morsi idrofobi e lembi strappati di stoffa, in una sorta di onore al campo di battaglia del quale fa parte.
La fotografia di Alexander Witt asseconda le dorate note delle distese abbrunite, imprimendo loro tonalità appassionate, insaporite di aria rovente, di sudore, di delirio.
Il montaggio, ad opera di Pietro Scalia, già collaboratore di Scott in “Black Hawk Down”, offre una composizione labirintica, sospesa tra luoghi lontani e ambienti differenti, emergendo con efficacia nel favorire una narrazione fluida e verosimile, caratterizzata da una forte emozionalità di ripresa della scena, per mezzo di inquadrature febbrili a ritmo esaltato, tendenti all’identificazione dello spettatore con l’occhio della macchina da presa.
La regia di Ridley Scott è salda, esperta, capace di dettare tempi e illustrare concetti con indubbia maestria, dirigendo al meglio gli attori, soprattutto un Di Caprio ormai maturato e consapevole; inoltre si dimostra ammirevole per il messaggio in oggetto.
Eppure, manca qualcosa a questo film”… I più criticano la quasi totale assenza di novità sull’argomento, rendendo la pellicola penalizzata già a livello testuale. è senza dubbio la verità , ma forse è ancora più grave il difetto che ferisce a fondo “Nessuna Verità “, ovvero la carenza di empatia del pubblico. La perfezione stilistica niente può contro l’indifferenza emotiva che, laddove si riveli, costituisce la più dolorosa delle imperfezioni.