Ne è passato di tempo da quando la cara Penny mi ha preso in quel negozio di animali. Ero solo uno scricciolo di cane”… ma adesso, sono un supereroe. Merito del padre della mia padroncina: mi ha modificato geneticamente affinchè io possa proteggere sua figlia dalle mire diaboliche del Dr. Calico, malvagio scienziato, perennemente accompagnato da quei due infidi gatti, notoriamente bestie imbroglione e perfide. Svolgo al meglio, con la massima dedizione e capacità il mio incarico; Penny è al sicuro”… Bolt ci crede. E allora, ci crederà anche il pubblico. In ragione di tale principio, la produzione di una serie televisiva ha creato l’identità fittizia del cane protagonista, creando attorno ad esso la simulazione più perfettamente inscenata, quale richiamo al “The Truman Show”, di Peter Weir (1998). Bolt, convinto di una realtà rappresentata, persiste nella propria responsabilità , ignaro del ruolo recitativo che svolge; così, quando, per finzione, Penny viene rapita, il nostro, nel tentativo di raggiungerla, viene catapultato a New York. Dura, complicata, avventurosa, e soprattutto estremamente rivelatrice, apparirà la strada da percorrere per tornare ad Hollywood, in compagnia di un criceto teledipendente e di una gatta scettica e sfiduciata. “Bolt”, nuovo film di animazione della Walt Disney Animation Studios rappresenta un gioiello di invenzione realizzata con tecnologie digitali. Ormai dimenticate le vecchie presentazioni in grafica bidimensionale (il primo lungometraggio completamente girato in computer animation tridimensionale è “Toy Story”, del 1995), i cartoni assomigliano sempre più alla realtà , attraverso riproduzioni ambientali e figurative prossime all’imitazione più accurata. “Wall-E”, uscito in Italia meno di tre mesi fa, raffigura la più alta versione di questo tipo, mostrando un’animazione a questo punto distante dalle norme di divertimento per bambini, interdetti da una scelta di comunicazione adulta; “Bolt”, pur esibendo un aspetto di simulazione concreta, mantiene una caratterizzazione dei personaggi immediata e infantile, ben riconoscibile come manifestazione della fantasia più ingenua e vicina alla sfera fanciullesca. Il racconto, come solitamente avviene nei titoli d’animazione, presenta un fine educativo, senz’altro più evidente che non in altre pellicole maggiormente contrassegnate da un sarcasmo di fondo. In “Bolt” non manca affatto l’ironia, ma appare decisamente meno caustica. L’arte della risata è messa in atto dalle situazioni surreali che incontrano i personaggi, indiscutibilmente indovinati: alla gravissima serietà , condita di consacrata abnegazione del cane, si oppone la consapevole versione della cinica gatta Mittens, vittima ““ ahilei- dell’illusione di Bolt, peggiorata dall’intervento delirante del criceto Rhino, appassionato fan del supereroe. Soprattutto il roditore, in effetti, costituisce la maggiore fonte di divertimento, per mezzo di battute e azioni degne del più esperto tra i comici, per un cartoon indubbiamente meno ambizioso di “Wall-E”, ma sicuramente altrettanto intelligente spettacolo visivo, gioia cinematografica per bambini, e per adulti, capaci, ancora, di gustarsi la schietta immaginazione, senza dover, per questo, storcere la bocca di fronte al proprio genuino desiderio di fantasia. |
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