David Holmes è forse più famoso tra gli appassionati di cinema, che tra quelli di musica, a causa dei suoi lunghi trascorsi come artefice di colonne sonore, soprattutto con l’amico Soderbergh (come tra l’altro dimostra una veloce ricerca on-line). Spaziando tra ambient, jungle e techno, ultimamente ci aveva deliziato con quella strepitosa macchina da groove che risponde al nome di The Free Association, all’interno della quale lui era soprattutto direttore oltrechè musicista e produttore. Ma è inutile dilungarsi, anche se sarebbe bello parlarvi di quanto cazzo era funkettone il disco omonimo, perchè l’ultimo lavoro del nord-irlandese non ha (quasi) nulla da spartire con i suoi fratelli maggiori.
“The Holy Pictures” è un disco soprattutto rock, ruvido per necessità ed altrettanto levigato grazie al tempo dedicatogli: è un fiore, una rosa sopra una lapide cara. Purtroppo è andata proprio così: David cercava di realizzare questo disco da un lungo periodo, dal ’96 per la precisione, anno della dipartita della madre. Non poteva essere un disco poco curato, assolutamente no, eppure tutti gli anni di lavorazione non hanno tolto un grammo della sua immediatezza.
è rock viscerale e sintetico, rimanda agli anni ’80 più cupi e deviati e all’immaginazione di coloro che sul finire dei ’70 già vedevano oltre il millennio. “I Heard Wonders” copre l’incedere robotico sotto una coltre di chitarre che non suonavano così confuse e belle dai tempi dei My Bloody Valentine. “Love Reign Over Me” è un impasto di Primal Scream e Iggy periodo berlinese, infornato e offerto croccante. La titletrack sommerge un gusto beach-pop, con tanto di coretti iniziali, sotto tre metri di malinconico shoegaze”…
Ma a stupire sono soprattutto i molti pezzi strumentali; hanno la stessa intensità di certo Bowie visionario, il tessuto ritmico di un John Foxx alieno e zero plasticoso, la solidità delle cavalcate kraut-rock dei Can, la poesia intrinseca del muro di certa psichedelia targata Eno: “Melanie” e “Kill Her With Kidness” sembrano riprendere lo stesso discorso di “A New Career In A New Town”, la prima più incalzante e la seconda più sospesa ma entrambe solari e propiziatorie. “Story Of The Ink” priva gli arpeggi onirici dei Bark Psychosis di liquido dub per renderli scheletrici e leggermente matematici. “Theme/I.M.C.” è mitteleuropea, metropolitana e muscolosa, come dei Blur tra l’ex-Roxy Music e albe meccaniche (la sensazione è proprio quella di un sole efebico che sale tra nebbia e poche luci artificiali). Sembrano i Cluster con una strumentazione rock quelli che suonano “Hey Maggy”, mentre la conclusione non poteva essere più azzeccata: “The Ballad Of Sara And Jack” è l’elegiaca purezza di un pianoforte delle grandi occasioni immerso nella dolce nostalgia dell’Arthur Russell più orchestrale.
Un signor disco dunque, l’ennesimo cambio di marcia nel percorso di Mr. Holmes e forse il suo capolavoro: estraneo e familiare, graffiante e catartico come poche altre cose ascoltate negli ultimi anni.
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2. Story Of The Ink
3. Love Reign Over Me
4. Theme/I.M.C
5. Holy Pictures
6. Kill Her With Kindness
7. Melanie
8. Hey Maggy
9. Birth
10. The Ballad Of Sarah And Jack