Verso la fine del film, in una di quelle sequenze che cercano di tirare le somme o di estorcere qualche confessione indiretta che riesca a mettere un punto, una giornalista orientale chiede a George W. Bush Junior, il 43esimo presidente degli Stati Uniti d’America, quale segno pensa di aver lasciato nella storia.
Ad esempio, “W.” manca completamente quello che doveva essere il suo obbiettivo principale. Infatti, non è affatto un film di denuncia: nella sua incredibile arroganza, Stone ha dato per scontato che tutti – americani ed europei, senza distinzione ““ siano ignoranti in materia e quindi quasi si sbadiglia davanti a quelle che dovrebbero essere delle “rivelazioni” sull’operato del suo protagonista. Lo sguardo torvo di Dick Cheney che annuncia la guerra al terrorismo come un paravento dietro cui nascondere una battaglia per il controllo delle risorse energetiche dovrebbe svelare un segreto che in realtà è già noto a tutti, persino ai cittadini iracheni che non possono permettersi di comprare il giornale, e nemmeno degli esercizi di tiro alla scarpa. Più che il difficile rapporto con il genitore – che si sa come gli abbia sempre preferito il fratello Jeb – risolto con sequenze nei quali i due non riescono persino a vedersi, e si parlano per lo più al telefono (con Senior dice sempre a Junior come lo abbia deluso) lascia incantati il primo incontro con Laura – timida bibliotecaria stregata da un vaccaro che le parla con la bocca piena di hamburger, facendole complimenti sfacciati – e il rapporto con Karl Rove, il “genio” e lo stratega di ogni sua campagna elettorale, protagonista di un rapporto servile al limite della morbosità .
Tuttavia, Stone è ormai completamente incontrollabile, e il film ha quei tratti di follia megalomane (esattamente come il presidente!) che lasciano ammaliati e allo stesso tempo sfiorano il ridicolo per la loro mancanza di coordinazione: la conversione di Bush con gli interni bui in cui sembra attraversato da demoni interiori, episodi onirici come il leit-motiv del presidente solo nello stadio dei Texas Rangers (di cui è stato presidente), una struttura a flashback che non ha alcuna spiegazione diegetica, una telefonata con la voce di Chirac in fuoricampo e toni che spesso sfociano sulle tinte di una black comedy drammaticamente reale. |
|||||
TRAILER: |