Non c’e’ niente che ami di piu’ che recensire ristampe rimasterizzate di oscuri gruppi del passato.
Se poi sono formati da un’accozzaglia di losers talentuosi, incompresi, al limite della tossicodipendenza e/o della nevrosi tanto meglio:per un attimo ci permettono di sognare una vita da rockstars che non potremo mai permetterci.
Forse nemmeno loro a posteriori.
I Lafayette rappresentano il classico paradosso all’interno del sistema musicale dell’epoca, anzi, io direi pure di quello attuale per come girano le cose,cioe’ un chiaro esempio di ‘Notorietà Inversa’.
Ovvero, spiegando con maggior dovizia di particolari il termine,sono stati uno di quei gruppi costretti ad emigrare dagli Stati Uniti, New York per la precisione, alla beneamata Europa, Parigi in definitiva, per riuscire ad avere un minimo di proscenio e per assurgere ad una qualche notorieta’ data la saturazione del mercato discografico al di la’ dell’oceano.
Peculiarita’ assolutamente rara negli anni ’70 dove a livello mondiale la situazione funzionava esattamente al contrario, gli States dettavano legge e rappresentavano il miraggio dell’eta’ dell’oro per tutti quelli che strimpellavano uno strumento a caso.
Ricordate Jimi Hendrix?
Bhe’ e’ l’esempio piu’ calzante che mi viene in mente ora.
Dicevamo che i nostri eroi troveranno fortuna in quel di Parigi,assistiti dal produttore,tra gli altri,di John Lee Hooker e Charles Mingus dopo aver cambiato parecchi monicker, tra cui Ice, Crispy & Co e Captain Dax ed aver realizzato una manciata di lp ed ep in ordine sparso fin verso la fine degli anni ’70.
Questa ristampa della Strut,imprescindibile per i due titoli in aggiunta rispetto all’edizione del ’99,pone ancora una volta l’accento su quell’incrocio magico che rese famosi i Funkadelic, gli Oneness of Juju, Jb’S e Fela Kuti, tra gli altri, di funk, ritmiche ipnotiche africane, svisate jazz e chitarre ben dosate”….una sorta di psichedelia virata black se mi concedete l’azzardo.
Il classico disco che avrebbe spaccato tutto nell’epoca del cosiddetto fenomeno Acid Jazz.
Pezzi come “Hihache” e “Darkest Light” pluricampionati dal mondo hip hop senza ritegno, “Malik”, “Congo”, “Time Will Well” fanno davvero la differenza per perizia tecnico/compositiva, la version di “Soul Makossa” di Manu Dibango ti entra nella testa come un proiettile calibro 22 nel burro, “Racubah” ti porta sulle strade di San Francisco con Michael Douglas e Karl Malden con le sue accelerazioni di funk tossico e vorticoso.
In definitiva “The Darkest Light” si rivela per una raccolta precisa, molto ben compilata,che monta come uno tsunami ascolto dopo ascolto, senza tregua, e che richiede unicamente qualche minuto della vostra attenzione ad orecchie ben tese per essere digerita ed amata come merita.
Anche a sto giro la Strut e’ sugli scudi.
Heil Heil Strut Records.
MySpace
2. Congo
3. Hihache
4. Malik
5. Nicky
6. Time Will Tell (Ice)
7. Darkest Light
8. Ozan Koukle (Ice)
9. There s Time To Change
10. Soul Makossa
11. Racubah
12. Scorpion Flower (Crispy & Co)
13. Heels & Soles
14. A.I.E. (A Mwana)
15. Soul Frankenstein (Captain Dax Version)