“Nick & Norah’s Infinite Playlist” possiede quel tipo di forza trascinante che è tipica delle sorprese.
Cioè quella che deriva dal piacere di scoprire che una commedia sentimentale non è semplicemente una commedia sentimentale.
Probabilmente non arriva a toccare la gradevolezza e la leggerezza di “Juno” (e manca anche il contrasto tra la serietà degli argomenti – la maternità precoce – e la levità del loro svolgimento), ma il film di Jason Reitman, e tutto il suo corollario di emuli ed antecedenti, sono sicuramente un punto di riferimento a cui Sollett ammicca senza per questo cercare la diretta imitazione.
L’accostamento non è dovuto solo alla presenza di Michael Cera (ancora ebreo, ancora impacciato, ancora con il cuore spezzato: una maschera di nerd senza gli eccessi tragicomici) come protagonista, nè al ruolo preponderante di una colonna sonora tutta incentrata su canzoni indie, nè al fatto che il film mette comunque al centro dei giovani alle prese con i primi problemi sessuali. E’ piuttosto per il modo veloce e brillante di metterli in campo, con l’attenzione rivolta non alle cause (di un malessere, di una tristezza) ma alla loro semplice parabola fenomenica.
E’ una questione di dolcezza, di tocco: sembra che la macchina da presa riesca ad assumere quella disperazione, quella necessità di affetto disinteressato che anima i tormenti dei suoi protagonisti, e sembra dare al film l’atmosfera di un sogno ad occhi aperti: di una specie di desiderio esaudito dei due ragazzi, che vivono la serata che avrebbero sempre voluto vivere, che incontrano la persona che avrebbero sempre voluto incontrare.
Fino al finale, si ha la sensazione che prima o poi uno dei due si debba inevitabilmente svegliare, che Nick debba ritornare al suo mondo disperato in cui masterizza una compilation al giorno per la sua ex Tris, che non ne vuole più sapere di lui, e che Norah debba precipitare in quello in cui incontra solo persone interessate a suo padre e al suo potere, piuttosto che a lei.
Infatti, la struttura di “Nick e Norah” è originale, e ricorda quella di alcuni film della premiata coppia Chris Columbus/John Hughes, che furoreggiavano degli anni ottanta: esempi come “Adventures in Babysitting”, con una giovanissima Elizabeth Shue. Come se il film giovanile incontrasse proficuamente il Martin Scorsese di Fuori orario. Nelle ansie e nelle timidezze di due ragazzi che non sanno se sono ricambiati, Sollett e la sceneggiatrice Lorene Scafaria (amica del premio Oscar Diablo Cody) aggiungono tocchi surreali, ambientandole non nel tipico contesto del college suburbano, ma in piena Midtown, riconsegnando a New York quel ruolo di città che non dorme mai, in cui tutto può succedere anche nelle notti più ordinarie.
A volte esagerano (l’amica ubriaca di Norah che recupera il suo chewing-gum in una pozza di vomito), ma altre volte ci prendono (la Yugo di Cera che viene costantemente scambiata per un taxi): al di là di questa strana e riuscita commistione, il talento di Sollett è quello di creare uno spazio di sogno utilizzando locali seminascosti, la caccia ad un gruppo che si esibisce a sorpresa, sfruttando le luci di Manhattan e le sue inesauribili occasioni.
Il suo talento principale è però quello di creare nello spettatore un’affezione verso i personaggi. Non proprio un’immedesimazione, che farebbe sfociare “Nick & Norah” nel romance più scontato.
E’ una questione di simpatia, per la loro essere genuinamente goffi, per la loro spontaneità .
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