Se per assurdo dovessi compilare una colonna sonora ideale per una ipotetica fine del mondo, beh, senza dubbio nella cassettina da registrare (o nella meno romantica playlist dell’iPod) troverei lo spazio necessario per inserire “La Llorona” di Beirut: niente di meno che una lenta marcia funebre suonata da una oscura orchestra messicana in un villaggio sperduto nella regione di Zapotec. Per essere precisi trattasi della banda Jimenez, la banda che suona abitualmente ai funerali di Teotitlán del Valle, paesino presso Oaxaca, e che ha accompagnato Zach Condon nel corso della registrazione del primo dei due EP di recente pubblicazione: “March Of The Zapotec”, appunto.
Dopo aver soddisfatto il suo amore innato per il folklore balcanico (la musica della Kocani Orkestar figura tra le sue fonti di ispirazione primarie), dopo aver vagabondato per la Francia e per le banlieu parigine, e dopo aver girovagato in lungo e in largo per il Vecchio Continente, l’enfant prodige della scena indie è approdato nel bel mezzo dell’America Latina per regalarci i sei pezzi che compongono il primo dei due dischi in questione. Le atmosfere che si respirano in “March Of The Zapotec” sono pregne di quella malinconia magniloquente che richiama alla mente le cerimonie sacre del Venerdì Santo con tutto il loro apparato fastoso di incensi inebrianti e pie donne e scenografie barocche e statue portate a spalla. Le parti cantate, ridotte al minimo essenziale, lasciano spazio alle sontuose orchestrazioni strumentali degli ottoni messicani, e rispetto ai precedenti lavori si fa sentire l’assenza di momenti più spensierati, a vantaggio di toni marcatamente cupi e carichi di pathos popolare.
Per il secondo dei due EP, intitolato “Holland”, il nostro rispolvera il nome usato all’epoca dei demo in cameretta, Realpeople, quasi a voler sottolineare la netta distinzione tra i due diversi frangenti musicali: ed effettivamente le sonorità sono molto distanti da quanto ascoltato nel primo EP e ricordano quanto prodotto dal Condon pre-Beirut (vedi le registrazioni casalinghe raccolte in “The Joy Of Losing Weight”), svelandone un lato forse meno noto ma altrettanto interessante. I fiati scompaiono del tutto, sostituiti da un’elettronica minimale e dalla voce profonda, un po’ à la Morrissey, di Zach, che qui fa tutto da solo; i cinque brani di questo disco, svestiti degli arrangiamenti bandistici a cui eravamo abituati, si animano di beat sintetici e di pulsioni disco inusuali e spiazzanti (e a dire il vero, non sempre all’altezza).
In fin dei conti però, l’ennesima cartolina firmata da Zach Condon non fa altro che confermare l’innegabile valore di questo giovane compositore girovago. Peccato solo che, soprattutto il più ispirato “March Of The Zapotec”, tra intermezzi e pezzi brevissimi, finisca troppo presto. Non ci resta che aspettare con ansia la prossima cartolina, chiedendoci da dove sarà imbucata questa volta, e sperando che non ci sia da attendere a lungo…
March Of The Zapotec
1. El Localo
2. La Llorona
3. My Wife
4. The Akara
5. On A Bayonet
6. The Shrew
Realpeople: Holland
1. My Night With The Prostitute From Marseille
2. My Wife, Lost In The Wild
3. Venice
4. The Concubine
5. No Dice
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