Svarte Greiner al secolo Erik K. Skodvin è (come l’avrebbe definito Brian Eno) un musicista non-musicista ossia colui che nella composizione dei suoi brani non si avvale della “‘mera’ tecnica strumentistica , ma fa uso della propria capacità di manipolazione di suoni/rumori e nastri, affinchè tutta la composizione si snodi su impercettibili variazioni e sfumature di suono .
Già attivo nel duo norvegese Deaf Center insieme ad Otto Totland, fu autore di “Pala Ravine”, lavoro targato 2005 dai contorni ambientali fortemente avvolti in atmosfere scure.
Il suo nuovo album solista si chiama “Kappe” (Type 2009) e per certi versi ripercorre le sonorità del suo predecessore, quelle ambient, ma in qualche modo ne rafforza i lati più bui, i suoni sono decisamente più plumbei e tutti e quattro i brani evocano visioni spettrali e claustrofobiche. Egli stesso si definisce d’altronde fortemente ispirato dai film di David Lynch e vi assicuro che le sensazioni, per chi conosce tali pellicole, sono le medesime. Un lungo esodo in acido dove la surrealtà e l’incubo si mescolano, generando un lungo trip ipnotico ed inquietante.
Le tracce si svelano lentamentee senza pausa tra l’una e l’altra, i lunghi droni seguono un andamento magmatico ed esponenziale, partendo da un intro quasi impercettibile e arricchendosi pian piano di una folta coltre di suoni e rumori sinistri.
Per quanto mi riguarda questa di “Kappe” è una perfetta parabola sonora,che reitera per circa 45 minuti lo stesso leitmotiv,tra spruzzate in vena shoegaze e scie dark-ambientali.