Di Jay Dilla al secolo James Dewitt Yancey si ricordano in pochi.
Sarà per il modo così poco “‘spettacolare’ con cui l’abbiamo perso ormai più di quattro anni fa (una malattia del sangue non ha certo lo stesso clamore di una bella sparatoria tra papponi e finti-gangster – 2Pac docet), sarà stata l’incapacità del nostro di cedere in vita ai facili clichè del hip-hop mainstream, sta di fatto che la figura di questo geniale artista sembra raccogliere sempre meno di quanto abbia meritato.
Eppure l’ampio testamento musicale di Jay Dee dovrebbe da solo essere in grado di innalzare l’mc di Detroit ad icona da rispettare e venerare.
Dalla metà degli anni ’90 fino agli ultimi giorni di vita (inseparabile anche in ospedale il suo studio portatile) Dilla ha realizzato un capolavoro come “Donuts”, composto una moltitudine di tracce “‘saccheggiate’ dai più disparati progetti e compilation, prodotto alcuni degli artisti più influenti della scena (Erykah Badu, Busta Rhymes, De La Soul, ect”…presto raccolti in un’antologia). Senza di lui probabilmente oggi non si parlerebbe dell’importanza di un’etichetta come la Stones Throw, di una black music mai come in questi anni totalmente rinvigorita.
Madlib e J.Dilla hanno mosso i primi passi insieme, sono stati ottimi amici, prolifici collaboratori (la creatura Jaylib su tutte), tanto che il primo ad oggi è considerato esponente più illustre dell’intera scena “‘funky-retro nuevo’, insomma esattamente quello che sarebbe diventato lo sfortunato ragazzo senza un destino così infame.
Proprio da un personaggio così influente e così vicino parte l’idea di un disco tributo al compianto J.D.. Otis Jackson per il “‘nobile’ intento sforna il meglio delle sue produzioni, dando alle stampe due nuovi volumi della fortunata serie “Beat Konducta”. L’occasione è quindi per gli appassionati del genere di duplice interesse, si torna a parlare del “‘genio’ di Dilla e al contempo si testa l’attuale condizione di un progetto giunto, non senza alterne fortune, alla sua sesta “‘puntata’.
Se la prima doppia uscita del “The Beat Konducta” (“Vol.1-2: Movie Scenes”) infatti è da considerarsi assolutamente irrinunciabile, fiacchi e del tutto prescindibili sono risultati i successivi, immersi come erano in scontati rimandi al cinema indiano di Bollywood.
Questa volta Madlib accantona “‘discutibili’ influenze orientali, riappropriandosi a suo modo di quel background sonoro che lo ha incoronato tra i migliori producer in circolazione. Dalla sua sterminata collezione di dischi ecco nuovamente saltare fuori vecchi vinili di soul, funky, hip-hop, vivisezionati, filtrati, campionati con l’obiettivo di realizzare 41 tracce strumentali. Siamo di fronte al solito travolgente collage sonoro immerso nella sconfinata cultura musicale nera, un’alchimia di ritmi old-school e suoni del nostro tempo amalgamati ad arte dal migliore “‘artigiano di beats’ sulla piazza.
Ma come suggerisce il titolo, questo disco non è soltanto la celebrazione dell’estetica Stones Throw è prima di tutto un omaggio all’artista che proprio quell’estetica ha contributo a rendere unica.
Così Jay Dilla aleggia ovunque, ne senti la presenza spirituale in tracce immancabilmente a lui intitolate, ne senti l’inconfondibile tocco in un sound trascinato verso derive sempre più hip-hop da beat incisivi e dal “‘rappato’ dell’altro asso e amico J.Rocc.
Allora è giusto considerare “The Beat Konducta, Vol 5-6: A Tribute To”…” l’ideale continuazione di “Donuts”, teoria avallata idealmente dallo stesso Madlib intento a disseminare il disco di tecniche e accorgimenti cari al Dilla producer. Le voci spezzate e modulate a formare un tutt’uno con la melodia, le sirene da allarme antiaereo, l’ossessivo utilizzo di un basso sintetizzato, sono elementi largamente utilizzati nel debutto di Jay Dee.
Come una delle tante voce campionate nel disco avrà modo di dire: questo non è semplicemente un tributo ad un amico, questo è un tributo alla musica che lo mantiene in vita.
Un disco del genere è allora quanto di meglio un genio incompreso possa desiderare per tenere viva la propria memoria, dopo tutto musica così, a differenza dei “‘respect’ e degli applausi, resiste al tempo.